PALERMO- “Gli stavo tenendo la mano. Lui pregava. Poi ha chiuso gli occhi e ha sorriso”. E’ la cronaca del dolce addio di Don Meli, raccontata, con pudore e lacrime, da Ninetta Sammarco che, con suo marito Aldo – coppia di rara bontà – l’ha amato come pochi, ricevendo amore. Ascoltando queste parole è impossibile non piangere. Sì, piangere, senza vergognarsi. L’amore scambiato diventa eterno con il dolore del distacco e con la speranza del ricongiungimento.
‘Domenica alle 19,30 al Don Bosco Ranchibile ricorderemo nella celebrazione Eucaristica il terzo mese della nascita in cielo di Don Meli’. Così mi aveva scritto Ninetta in un messaggio, allegando una foto invecchiata e perciò bellissima. E la memoria va a una persona, a un sacerdote, che ha lasciato un segno incancellabile. Un uomo generoso. Chi scrive ricorda una sera a Santa Chiara. Don Baldassare Meli stava lasciando Palermo per obbedire a un commiato che non avrebbe voluto. Ma era un salesiano rispettoso, nella sua tenacia. Aveva messo sottosopra un quartiere per difendere i più deboli dalla pedofilia, coraggioso lui e coraggioso don Roberto Dominici che sosteneva la stessa battaglia. Però non si sottraeva agli ordini.
Eravamo nel campetto dell’oratorio. In cielo brillava una luna leopardiana. Non parlavamo, non ce n’era bisogno. E fu in quella occasione che, per la prima e unica volta, lo vidi piangere. Erano lacrime amare, sommesse, imbarazzate per quello splendore lunare che le rendeva evidenti.
“Ci siamo incontrati così”
Ma tocca a Ninetta, vera compagna di viaggio con Aldo, di un prete dal cuore puro. Tocca a lei raccontare. “Lo conobbi per la prima volta nel 1995. Io sono una cooperatrice salesiana. Allora noi vivevamo a Caltavuturo, però lo conoscevamo di fama. Ci trasferimmo a Palermo. Andai a trovarlo nel suo ufficio. Era lì, con il suo solito sorriso a fior di labbra. Era presente, ma con la mente lavorava senza posa. Mi diede un tesserino e mi chiese di occuparmi del Nido. Ero un po’ scoraggiata, perché c’era un caos… Mi allontanai per tornare dopo qualche giorno. Lo trovai con una ragazza tunisina, che aveva problemi psichici e si era spogliata davanti a lui che era rosso in viso. ‘Puoi occupartene tu con me, per piacere?’. La storia ha avuto inizio così”.
Il racconto prosegue. “Don Meli era un uomo silenzioso, con il suo silenzio entrava nella mente e nel cuore delle persone. Tante situazioni e tanti sentimenti tornano a galla. La denuncia della pedofilia all’Albergheria. Il trasferimento e l’approdo a Castelvetrano, sempre amato da tutti. Infine, la malattia”.
“Dio mi ha dato questa prova, perché…”.
“Si è ammalato – prosegue Ninetta – ma ha accettato la sofferenza e l’ha abbracciata. Diceva: ‘Dio mi ha dato questa prova per farmi capire meglio il dolore’. Negli ultimi mesi stava con noi a Palermo, poi l’abbiamo portato a Triscina, a respirare il profumo del mare. Abbiamo affittato una villetta sulla spiaggia, era contento e riusciva perfino a scherzare: ‘Bella vacanza con me che sto morendo’. Venivano ogni sera i ragazzi, i suoi giovani parrocchiani e non solo con la chitarra. Si mettevano nel giardino e cantavano. Se non stava malissimo, partecipava, altrimenti restava a letto, ma gli piaceva sentire quelle voci e quell’allegria. Gioiva del fatto che era lì con i suoi ragazzi. C’era con noi, ogni mattina, un sacerdote, celebravano insieme la Messa. Padre Meli sussurrava: ‘Alzami la mano, aiutami’, perché era troppo stanco…”.
“Una settimana prima di morire non ce la faceva a spostarsi in giardino. Ha voluto i ragazzi nella stanza da letto. Lo abbiamo sostenuto fino alla poltrona. Ha voluto abbracciare tutti e che tutti lo abbracciassero”.
L’ultimo sorriso
Era un uomo luminoso, padre Meli. Uno che ti cambiava la vita con uno sguardo. Capace di perdonare i torti e chi ne era responsabile. Desideroso di accogliere, al suo capezzale, anche nelle ultime ore. Ninetta racconta: “Poco prima che morisse, sono crollata. Gli ho chiesto: ‘Spiegami la tua serenità’. Mi ha risposto: ‘So che il Paradiso esiste, altrimenti la nostra vita non avrebbe senso. Non rattristarti, Ninetta, vai in pace con la tua gioia’. Infine, è accaduto. Stavamo pregando insieme. Gli tenevo la mano. Ho detto: ‘Ave Maria’. Ha detto: ‘Prega per noi’. Era come pieno di luce. Mi ha sorriso. Mi ha guardato. E poi….”. E poi anche il mare lì fuori, a pochi passi, era una preghiera.