CATANIA. Alla fine, come abbondantemente previsto, è arrivata la decisione del Cda dell’Ateneo catanese: Lucio Maggio direttore generale dell’Università di Catania è stato sospeso dal suo ruolo. Un braccio di ferro con il Rettore, Giacomo Pigantaro, che trova oggi un epilogo tutt’altro che inatteso. Anche se l’impressione è che la partita (diplomatica) sia soltanto all’inizio. Questo, il comunicato diffuso dall’ufficio stampa dell’Ateneo.
“Il Consiglio di amministrazione dell’Università di Catania ha deliberato, nella seduta urgente tenutasi questa mattina, di sospendere il dottor Lucio Maggio dalle funzioni di Direttore generale dell’Ateneo, nelle more e sino al termine del 16 maggio 2014, già indicato per la definizione del procedimento finalizzato all’eventuale revoca dell’incarico.
L’avvio di tale procedimento era stato deliberato dal Cda nella seduta del 28 marzo scorso a seguito di “fatti e comportamenti tenuti dal Direttore generale che hanno destato viva preoccupazione nel Consiglio stesso”, in particolare riguardanti la proroga della durata del contratto di lavoro a tempo determinato di due dirigenti, proroga che l’Avvocatura dello Stato aveva ritenuto non legittima.
Alcuni provvedimenti amministrativi successivi alla delibera del 28 marzo, adottati dal dott. Maggio, hanno poi di fatto dimostrato una “persistente contrapposizione da parte del Direttore rispetto al deliberato del Cda”, onde la necessità di dover adottare la misura cautelare della sospensione”.
Dall’altra parte, la difesa del direttore generale Maggio, rappresentata dagli avvocati Raffaele De Luca Tamajo, Vincenzo Laudani e Concetto Ferrarotto, considera il “provvedimento abnorme, in quanto si ritiene che sia stato assunto fuori dai poteri del Cda dell’Ateneo, e per questo illegittimo. Nessuna norma di legge e regolamento, infatti, conferisce al Consiglio d’Amministrazione potere di censurare o emettere un provvedimento cautelare o disciplinare applicabile al Direttore Generale, le cui funzioni come organo preordinato sono stabilite dalla legge 240 del 2010, la cosiddetta Legge Gelmini”. In merito alle azioni difensive, i legali “per ogni tipo di valutazione e decisone in merito attendono che l’intera vicenda si avvii alla conclusione”.