CATANIA – È già scattato da qualche anno l’accertamento degli usi civici in Sicilia. Ovvero, una ricognizione di usanze, riconducibili al periodo normanno e medioevale: il diritto della comunità di raccogliere per il proprio sostentamento la legna, le erbe spontanee o di cacciare su terreni pubblici o privati.
Accertamento disposto dai commissari regionali, in forza di un regio decreto del 1927. Ed in Sicilia sono interessati l’81% dei comuni siciliani. Detta in soldoni, molti fondi agricoli privati rischiano di divenire pubblici, cioè demaniali. In verità, risulta possibile liberare i terreni dietro pagamento di una somma che però risulterebbe a volte anche pari allo stesso valore di mercato del terreno agricolo.
L’allarme è stato lanciato dal sindaco di Mineo, tra i comuni più colpiti, Giuseppe Mistretta. “Una ricognizione storica di usanze scomparse e su leggi inattuabili che colpiscono il comparto agricolo e la proprietà privata”, spiega. E rischiano di rendere inefficaci persino i decreti e le concessioni della regione, dei Comuni e dello Stato.
Ho da tempo chiesto la convocazione di un tavolo di concertazione col presidente della regione, Renato Schifani, l’assessore all’agricoltura, Salvatore Barbagallo e le associazioni di categoria degli agricoltori, al fine di risolvere la problematica”.
E dal fronte palermitano la convocazione è arrivata. Mercoledì mattina, all’assessorato regionale all’agricoltura, competente in materia, il tentativo di sbrogliare una matassa che definire atavica appare essere un eufemismo.

