CATANIA. Battute finali del processo che vede imputati per associazione a delinquere finalizzata all’usura i componenti di un intero nucleo familiare di Acireale. Si tratta di Camillo e Rosario Fichera, padre e figlio, e le rispettive mogli Caterina Cavallaro e Maria Concetta Torrisi. Tutti sono assistiti dal difensore di fiducia Ernesto Pino. Imputato per usura anche Orazio Selmi, titolare di un’azienda di Aci Sant’Antonio, difeso dai legali Vittorio Lo Presti e Francesco Strano Tagliareni. Alla sbarra, infine, per favoreggiamento personale Concetta Battiato e Angelo Calì, rappresentati dall’avvocato Giuseppe Musumeci.
Nel corso dell’ultima udienza sono salite sul banco dei testimoni altre due presunte vittime del sodalizio: il titolare di una ex rivendita di pesce, chiusa da circa tre anni, ed una donna senza occupazione. Secondo la Procura di Catania entrambi avrebbero ricevuto dai Fichera soldi in prestito a tassi di interesse elevatissimi. Ma in aula tutti e due i testimoni, davanti ai giudici della terza sezione penale del tribunale di Catania, presieduta da Maria Pia Urso, hanno negato di aver dovuto corrispondere interessi. Il tribunale, ritenendo che i testi fossero stati minacciati, ha disposto l’acquisizione delle sommarie informazioni testimoniali rilasciate ai carabinieri della Compagnia di Acireale nel corso delle indagini preliminari. Nell’udienza precedente era stata sentita la titolare di un ristorante pizzeria di Acireale, secondo l’accusa, anche lei vittima di usura. Ma anche la donna ha negato di aver mai ricevuto denaro in prestito dagli imputati. Nonostante le contestazioni sollevate dal pubblico ministero Angelo Brugaletta, la teste è rimasta ferma sulle proprie posizioni. Il 19 febbraio 2019 sarà sentito l’ultimo testimone dell’accusa, un’altra presunta vittima. Poi spazio alle discussioni e alla sentenza.
LE ACCUSE. Da un’indagine nata per individuare i complici di Rosario Fichera, indagato per un colpo commesso ai danni della Banca Popolare di Lodi a Ragalna, prende il via l’attività investigativa sfociata nell’ottobre del 2013 nell’operazione antiusura “Affari di famiglia”. Un nome quanto mai esplicativo. Ad essere coinvolti nel presunto giro di prestiti a tassi usurari, oscillanti in media tra il 10 ed il 20% al mese, sarebbero i membri di un intero nucleo familiare. Le vittime sono quasi tutte titolari di piccole attività imprenditoriali e artigianali. I carabinieri riescono ad identificarne solo una dozzina. Molti altri nomi annotati su un’agenda rinvenuta nell’abitazione di Rosario Fichera rimarranno senza un volto. A guidare l’associazione sarebbe stato Camillo Fichera, mentre il figlio si sarebbe occupato per lo più di riscuotere il denaro dai “clienti”. Quando però quest’ultimo finisce in carcere, saranno le moglie e la madre a sostituirlo. Un quadro confermato, secondo l’accusa, dalle numerose intercettazioni captate durante i colloqui in carcere tra Rosario Fichera ed i familiari.