CATANIA – “Le dico subito che qui a Catania abbiamo provato a fare alcuni esperimenti e a dare il braccialetto, ma i braccialetti non ci sono: questo è il problema”. Un problema non da poco, soprattutto se rivelato a pochi giorni dal femminicidio di Vanessa Zappalà, uccisa dal suo ex fidanzato (Antonino Sciuto) nonostante lei avesse chiesto l’intervento della macchina dello Stato per essere protetta. Le parole appena citate sono di Nunzio Sarpietro, capo dell’ufficio gip di Catania, che intervistato ieri da Il Dubbio ha provato a chiarire quanto detto nei giorni scorsi a Repubblica (“Non lo avremmo fermato comunque. Ha visto che fine ha fatto? Si è suicidato. Era risoluto. Solo il carcere l’avrebbe fermato. Ma per le norme che abbiamo, dare il carcere a uno stalker è abbastanza difficile”).
Il problema
Secondo il giudice catanese, il quotidiano diretto da Maurizio Molinari “ha spezzettato l’intervista e il problema, con le interviste, è sempre questo. Avevo detto – spiega Sarpietro – che c’era una fase, prima della riforma, in cui il braccialetto si poteva dare solo agli arresti domiciliari. Poi la norma è stata cambiata ma a oggi è inapplicabile perché non c’è disponibilità di braccialetti. Il problema non è solo in Sicilia, ma dappertutto”.
“Vi assicuro che…”
Il gip che ha rimesso in libertà l’assassino di Vanessa Zappalà avrebbe preso in considerazione lo strumento del braccialetto? “Certamente sì”, dice Sarpietro che aggiunge: “Lo stesso collega, le posso assicurare, provò a darli in due o tre occasioni precedenti ma non fu possibile perché non c’erano. L’intervista di Repubblica è rimasta monca perché ora si può dare ma di fatto non esiste. Già i braccialetti per i domiciliari – spiega – sono in numero molto limitato. È un problema di disponibilità materiale, se li avessimo ne avremmo applicati cento o duecento. Sono questione tecniche che non vengono attenzionate”.