Vecchiaia a cinque stelle

Vecchiaia a cinque stelle

"A causa della grave crisi che ha investito il settore turistico, molti hotel chiudono; alcuni di essi diventano alloggi per anziani, anche in Sicilia. Posti splendidi, con tanto di palestre e wi-fi free. Dov’è il trucco? Per accedere a queste strutture ci vogliono molti soldi".

Acclarato da tempo che il nostro sia un paese per vecchi, accade che alcuni imprenditori, attenti ai flussi economici, provino a lanciarsi in quello che sembra destinato ad essere un buon affare nel prossimo futuro: le case di riposo.

Non più popolari o medio borghesi, ma addirittura stellate. In Italia la media della vita umana si è allungata a tal segno che, nel tentativo di rimuovere dall’immaginario collettivo l’orrido lemma “ospizio”, si attrezzino e pubblicizzino residenze nelle quali anche il lusso, pagandolo, possa essere alla portata dell’ospite. Perché se è vero che si vive più a lungo, è altrettanto vero che, in modo inversamente proporzionale, crollato ormai l’assetto della famiglia allargata, sono sempre meno i congiunti disponibili a ospitare, e persino semplicemente a prendersi cura, del parente solo e in età avanzata. Che, se ne ha la possibilità economica, a questo punto, dando fuoco alle polveri, si organizza e si sistema in una situazione di benessere anziché lasciare agli ingrati eredi il “saccottino” pieno.

I residence, va ricordato, devono le loro prime fortune a folte schiere di neoseparati, per lo più uomini; ma oggi a fare la parte del leone nel mercato delle case-albergo sono le strutture per gli anziani. E si va verificando una curiosa riconversione. A causa della grave crisi che ha investito il settore turistico, molti hotel chiudono; alcuni di essi diventano alloggi per anziani, anche in Sicilia. La nuova tendenza si è manifestata dapprima nella città dello Stretto, che si conferma, più che vocata al turismo, deputata all’intrattenimento della terza età; in tutta l’Isola, acquistati da nuovi proprietari, diversi alberghi hanno già ottenuto il cambio di destinazione d’uso per essere classificati come case di riposo. L’esempio si moltiplica, e costruzioni nate come alberghi, vengono trasformate in case di riposo eleganti, con stanze accessoriate, e soprattutto, aree per la socializzazione degli ospiti, non più catatonici ma vispi e allegri: e con ottime ragioni. Come spiegano siti web accattivanti, molti sono i servizi offerti, a parte il più essenziale, quello sanitario. Si va dai centri benessere ai saloni di estetica, dalle palestre attrezzate alle cure ayurvediche, e non manca la sorprendente offerta di buona cucina piuttosto che di diete personalizzate. Le novità si manifestano a partire dalla denominazione delle strutture, aborrito ormai l’abusato “casa serena” che odora tanto di muffa.

A questo punto per over seventies sempre più sani e in forma, fioriscono le sale fitness al posto dei laboratori di ceramica, le piscine con tavolini da cocktail e sdraio al posto della sala mensa; gettonatissimi i tapis roulant nei corridoi e i salotti con home video piuttosto che sale comuni della televisione, che deve essere prevista, cą va sans dire, in ogni singola stanza con abbonamento pay-tv incluso, come il wi-fi free in tutta la struttura e angolini privati nei quali ricevere ogni tanto per un thè o un aperitivo qualche nipote da sbeffeggiare. E solo se merita l’invito.

Posti così esistono. Dov’è il trucco, allora? Semplice. Per accedere a queste strutture ci vogliono molti soldi. Non basta una pensione media. Le case di riposo private si sono negli anni trasformate in un business sempre più fiorente. La Auser, una associazione di volontariato impegnata nel migliorare la qualità della vita degli anziani, ha condotto qualche anno fa una inchiesta che evidenzia la presenza nel Paese di quasi settemila strutture residenziali. Il dato sulla loro distribuzione geografica non ci sorprende: a ospitarne di più è proprio la Sicilia, con circa 900 case delle quali il 94% risulta “privato”. Nella nostra regione, in sostanza, il numero delle strutture residenziali “ufficiali” censite dal Ministero dell’Interno (che erano 499 alla fine del 2008), è raddoppiato.

Con riguardo al funzionamento, la ricerca rivela che le indagini svolte dai carabinieri del NAS su tutto il territorio nazionale nel 2010 hanno lasciato intravedere un quadro con molte ombre. Su 863 controlli effettuati, 283 i casi di strutture non in regola, con 371 infrazioni rilevate (più frequenti al Sud per il 39,5% del totale). Autorizzazioni mancanti, strutture talora fatiscenti e inadeguate, numero di ospitati superiore rispetto a quello previsto, basso livello delle condizioni igieniche e di sicurezza, attività infermieristiche esercitate in modo abusivo, presenza di personale non qualificato; in generale è emersa una forte carenza nell’assistenza agli utenti. Basti pensare che nel 34% delle case oggetto di indagine venivano somministrati farmaci scaduti. E se le irregolarità nell’esercizio delle attività risultano la tipologia più frequente di infrazione in tutto il Paese, sono le carenze di requisiti igienico-sanitari che appaiono preoccupanti. Per non parlare poi di abusi di altro tipo.

Altro che piscine e divertimenti!

Come dichiarato dal palermitano Michele Mangano, presidente dell’Auser, al Nord come al Sud molti anziani sono costretti a subire maltrattamenti e umiliazioni in quanto non autosufficienti e indifesi; e questo spaccato di una realtà incivile non ha adeguato riscontro da parte delle istituzioni. Alla “malasanità” si continua ad aggiungere la “malassistenza”. La normativa che regola l’apertura e la gestione delle strutture dovrebbe essere rigorosamente applicata, fissando in modo preciso requisiti, standard di sicurezza, rapporto fra ricoverati e operatori; l’Auser si è fatta inoltre promotrice della richiesta di accesso delle associazioni di volontariato alle case di riposo, negato invece da molte strutture private, che consentirebbe alle organizzazioni di constatare le condizioni in cui vivono, o sono costretti a sopravvivere, gli anziani. Occorre infine rilevare che andrebbe implementata l’assistenza domiciliare integrata. Invecchiare a casa propria pesa meno sulla spesa pubblica. E forse, garantisce una vecchiaia più tranquilla. Una ultima stagione, lunga o breve che sia, nella quale la persona, la dignità, la volontà di disporre di se stessi, vengano rispettate.

Una curiosità. Persino un noto castello settecentesco (oggi hotel di lusso), lo Château de Mazan, dimora del marchese De Sade, ebbe la sorte di essere trasformato in casa di riposo. Nel 1801 il Divin Marchese fu trasferito dalla durissima prigione di Biĉetre all’ospizio per alienati di Charendon, ove morì nel 1814; il figlio, nonostante le buone condizioni economiche, si rifiutava di pagare i costi del ricovero. Nelle ultime volontà, espresse il desiderio di essere esposto dopo la morte nella sua stanza per quarantott’ore, e poi seppellito senza segni di riconoscimento entro una cassa di legno nella foresta nella sua proprietà di Malmaison. A dispetto delle disposizioni testamentarie, venne sepolto nel cimitero di Charenton, e il suo cranio venne usato per investigazioni scientifiche. Chi muore ha sempre torto.

Vecchiaia è una parola sgradevole, ma definisce una delle quattro fasi fondamentali della vita, forse la più significativa. Essere vecchi, oggi che ci piace confondere le carte sul tavolo della realtà e definire con eufemismi le condizioni di disagio, non significa essere “diversamente morti”: semmai, “diversamente vivi”. L’invecchiamento è l’unico fenomeno, appunto come la morte, realmente universale; trascende ogni distinzione sociale, sessuale, etnica, politica, culturale e istituzionale; nonostante la sua inevitabilità, la visione tradizionale e profondamente radicata che ne abbiamo resta viziata da una falsa coscienza che ci condiziona profondamente, come si trattasse di una malattia, di un “problema” che riguarda solo chi lo vive, come se non vi fossimo, in qualche modo, tutti destinati dalla comune condizione di esseri biologici.

E, peraltro, se l’idea di invecchiare non ci piace, sarà bene riconsiderare la sola alternativa possibile.

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI