Veleni e lacrime per don Corrado |I dolori della Chiesa palermitana - Live Sicilia

Veleni e lacrime per don Corrado |I dolori della Chiesa palermitana

Prima lo "scisma" di don Minutella. Poi la dolorosa rinuncia del vescovo ausiliare. La lunga Via Crucis di Lorefice.

PALERMO – Per la Chiesa palermitana la Passione quest’anno non si è chiusa con la Pasqua. I dolori e le ferite si sono protratti ben oltre la domenica di Resurrezione e continuano ad agitare la curia. Che guidare l’arcidiocesi più importante della Sicilia non sarebbe stato una passeggiata monsignor Corrado Lorefice, don Corrado come ama farsi chiamare lui, certo poteva immaginarselo. Ma il cammino alla guida della chiesa panormita dell’ex parroco di Modica, fatto vescovo da Papa Francesco, è stato disseminato in questi ultimi tempi da troppi bocconi amari. Che forse hanno superato le peggiori aspettative del prelato, raccontato da tutti come sacerdote di profonda umanità.

L’ultimo imbarazzo è quello legato alla vicenda di padre Giovanni Salonia. Il frate cappuccino nominato il 10 febbraio da Papa Francesco vescovo ausiliare di Palermo, ha annunciato questa settimana la rinuncia all’incarico che lo avrebbe posto al fianco di Lorefice. I ‘veleni’ che attraversano la Chiesa palermitana hanno prevalso, spingendo il religioso a fare un passo indietro. Veleni che avevano preso la forma di lettere e dossier contro il religioso, accusato di aver disonorato l’abito talare. Accuse che Salonia ha sempre respinto come calunnie, ma che alla fine hanno generato un clima tale da non consentire il suo insediamento.

Salonia ha annunciato il gran rifiuto con una lettera traboccante amarezza in cui argomentava che la sua nomina, “mentre in tanti aveva suscitato sentimenti di gioia e di speranza, in qualcun altro ha provocato intensi sentimenti negativi – è scritto nella missiva – con attacchi nei miei confronti infondati, calunniosi e inconsistenti, ma che potrebbero diventare oggetto di diverse forme di strumentalizzazione, anche di tipo mediatico”.

Qualcosa di più di un inciampo per la diocesi, tanto più che la nomina era già stata decisa dal Pontefice in persona. Secondo le ricostruzioni di una testata on line ben introdotta nei Palazzi d’Oltretevere, IlfarodiRoma, sulla nomina sarebbe arrivata una frenata direttamente dal Vaticano. Un capitolo assai doloroso, da cui sarebbero emersi, secondo ricostruzioni di stampa, malumori e insofferenze da parte del clero cittadino per un’altra investitura che pescava fuori dalla diocesi. Tanto che l’informatissimo articolo di cronaca del Giornale di Sicilia che dava notizia della rinuncia, chiosava con una previsione e cioè che difficilmente il prossimo ausiliare sarebbe arrivato da lontano. Un passaggio che la dice lunga sulla voglia di marcare il territorio che sembrerebbe serpeggiare tra il clero palermitano.

Ma i dolori del giovane (almeno di nomina) vescovo, che scalda i cuori di un cattolicesimo progressista entusiasta del corso bergogliano della Chiesa, non si esauriscono qui. Molto clamore ha suscitato la vicenda di don Alessandro Minutella, parroco di San Giovanni Bosco a Romagnolo allontanato dall’incarico per le sue posizioni ipercritiche verso la Chiesa di Papa Francesco, le cui aperture nel segno della misericordia non hanno incontrato l’entusiasmo degli ambienti conservatori del clero.

Un’altra pagina dolorosa quella dello “scisma di Romagnolo”, che ha spinto il vescovo assiso sullo scranno che fu di Pappalardo a chiamare a raccolta i fedeli in Cattedrale per un’adorazione eucaristica che invocasse l’unità della chiesa palermitana. Già scossa in tempi recenti anche da clamorosi scandali a sfondo sessuale, dagli esorcismi a luci rosse alla condanna di un parroco per molestie a minorenni.

Soffre il mite don Corrado, così impegnato nell’ecumenismo, nel dialogo inter-religioso, nella vicinanza ai poveri, in tutte quei gesti di “apertura” così in sintonia con le uscite di Papa Francesco, quelle che piacciono anche a molti non credenti ma che fanno storcere il naso ad alcuni cattolici conservatori nostalgici del granitico Ratzinger.

In mezzo a tanti veleni, Lorefice ha trovato tempo e voglia per partecipare a un’inedita iniziativa politico-religiosa, quella del primo confronto tra i candidati a sindaco che si è svolto venerdì sera al Don Bosco. Un riuscito e vivace momento di confronto in cui l’arcivescovo ha parlato per una mezz’ora chiedendo ai candidati attenzione per i poveri, auspicando un atteggiamento di apertura e di inclusione sociale, che Lorefice ha evocato citando ripetutamente Bergoglio e anche i suoi amati Dossetti e La Pira, grandi politici cattolici che in nome di un pauperismo pacifista si collocavano su posizioni ideologiche per certi versi più a sinistra del Pci. Contro quelle idee in quegli anni del secondo dopoguerra si scagliava con grande vis polemica un altro gigante del cattolicesimo politico, il liberale don Luigi Sturzo, che riteneva – con qualche ragione, la storia disse poi – che in quelle suggestioni vi fossero i semi dello statalismo e delle sue ‘malebestie’, cioè sprechi, malgoverno, rischio di corruzione. Divergenze tra cattolici di ben altro livello e ben altro spessore rispetto alle piccole e miserelle beghe fatte di delazioni e illazioni che hanno avvelenato la chiesa palermitana nel caso del vescovo ausiliare impallinato Giovanni Salonia, citato al Don Bosco da Lorefice che lo ha definito “maestro d’umanità”. Parole nette e inequivocabili, pronunciate dal dolce don Corrado in mezzo a due momenti di commozione e lacrime, quello legato al ricordo del suo don Pino Puglisi e quello del passaggio in cui il vescovo con voce spezzata ha detto di amare Palermo e di sentirsi palermitano.

Mandato “come pecora in mezzo ai lupi”, il vescovo ispicese sta sperimentando per intero il monito del Signore trasmesso in quel passo da Matteo, cioè l’invito a essere “semplici come colombe” ma anche “prudenti come serpenti”. E mentre nelle parrocchie si invoca l’intercessione di Santa Rosalia e San Mamiliano per superare questi giorni di veleni, la passione nella Chiesa palermitana continua.

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