Mariagrazia Donà fa parte del personale sanitario nella trincea Covid, a Palermo. Lavora nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale ‘Cervello’ come coordinatrice del reparto infermieristico. Su Facebook ha scritto qualcosa che lascia un segno ed è difficile darle torto. Una radiografia della differenza che passa tra fatica e irresponsabilità.
Ha scritto, Mariagrazia: “Concludo l’ultimo mio giorno di lavoro dell’anno con 63 pazienti ricoverati. Molti di loro stanno molto male. Altri purtroppo rassegnati a passare la fine dell’ anno in ospedale. Concludo l’ultimo mio giorno di lavoro con più di 40 persone ferme al pronto soccorso in attesa di un letto da assegnare e con noi coordinatori che dobbiamo tirare la coperta molto ‘strettissima’ col personale da mettere in turno l’ultimo dell’anno consapevoli che gli operatori sono persone, con una vita privata, e come tutti voi, chi era libero dal turno, si era organizzato con la famiglia. E invece si trova catapultato di turno, in un nuovo reparto dove troverà l’essenziale per poter dare assistenza”.
“Concludo l’ultimo mio giorno di lavoro pensando che nessuno fra noi colleghi si è abbracciato ma ci siamo fatti gli auguri nemmeno guardandoci in faccia. E poi tornare a casa, acquistare due cose, per me e mia figlia, e sentire la gente: stasera siamo 20. Quante polpette di sarde prendiamo? Li guardo e penso: forse è meglio che tenga per me cosa ho pensato. Buon anno a tutti e .. speriamo per il meglio”.
Sono parole di sacrosanta amarezza ma anche piene di una riflessione che è opportuna. Non si tratta di impedire a chicchessia i festeggiamenti. Ma la prudenza deve accompagnarci: è innanzitutto un buon consiglio per noi stessi. Che diventa un dovere per gli altri, per quanti lavorano, soffrono e combattono, anche se non li vediamo.