"Istituto Lombardo Radice, collaboriamo: siamo sulla stessa barca"

Viaggio alla Lombardo Radice|”Collaboriamo nell’emergenza”

Il preside Francesco Camillo racconta la riapertura e lancia un appello alle famiglie
PALERMO, SCUOLA
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PALERMO – Disponibilità e massimo ascolto, no al “senza banchi”, rammarico per l’occasione persa della didattica a distanza. Sono tre dei tanti punti toccati da Francesco Camillo, preside della scuola dell’infanzia, elementare e media Lombardo Radice, anche se sintetizzare i pensieri di un dirigente scolastico in questi giorni non è affatto cosa facile. D’altro canto nulla può esserlo quando si ha a che fare con circa 750 alunni, poco più di cento docenti e diciassette collaboratori suddivisi in quattro edifici, con un lockdown alle spalle e nuovi casi di Covid in crescita. Eppure anche Camillo come altri colleghi ha deciso di lanciare un segnale forte alla comunità scolastica e riaprire il 14 settembre, restituendo un pezzo di normalità alle ‘sue’ famiglie. Ecco come.

Precisione e fortuna

“Abbiamo iniziato con la logica del tracciamento – racconta il dirigente scolastico –. I vari gruppi di alunni entrano singolarmente e viene fatto in modo che non si incrocino, così da mantenerli isolati e circoscrivere subito un eventuale problema. Naturalmente questa logica comporta accorgimenti precisissimi, per cui ho addirittura assegnato un wc del bagno a ogni classe, da sanificare di continuo, e di conseguenza si sono anche allungate le ricreazioni”.

Soluzioni che Camillo reputa anche frutto della “fortuna di avere una scuola grande e funzionale: abbiamo potuto creare aperture ‘di emergenza’ per gli ingressi degli alunni, e già disponevamo anche di aule grandi o addirittura vuote. Così ho potuto dividere le classi numerose a metà, scientificamente – spiega – e con l’orario ridotto di tre ore garantire sia la presenza degli insegnanti, sia ingressi e uscite scaglionati a distanza di cinque minuti fra loro”.

Banchi sì, banchi no

“Questo è un problema enorme da tutti i punti di vista – osserva il dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Lombardo Radice –. I monoposto non li abbiamo ancora, e i biposto sono veramente grandi per riempire una classe da venticinque persone con un alunno per banco. E lo posso assicurare, dato che a luglio passavo giornate col metro in mano”. Male anche le tempistiche: Camillo rileva che “i banchi monoposto potrebbero non arrivare prima della fine di ottobre. D’altronde in Sicilia ne abbiamo richiesto una quantità otto volte superiore al resto d’Italia, come si legge in una lettera del commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri. Sappiamo già che le ultime scuole in cui arriveranno sono proprio le nostre, almeno le medie e le superiori”.

“Appena arriveranno i monoposto, ma anche quelli con le rotelle che io ho deciso di prendere perché ci vedo una utilità, si passerà all’orario intero – avvisa il preside –. Intanto tre ore sono meglio di niente, anzi ci aiutano a regolamentare e mettere a punto una serie di aspetti in rodaggio”. Poi si esprime sugli istituti che hanno scelto di avviare le lezioni rimuovendo del tutto i banchi biposto: “Io, se non avessi potuto ovviare, avrei preferito il doppio turno. Certo avrebbe portato ad altre polemiche e comunque sarebbe stata una scelta da non vedere in contrasto coi miei colleghi, anche perché – ironizza – sono il primo a dire che ormai non faccio il preside ma l’architetto, l’ingegnere, insomma tutt’altro. Però quel tipo di scelta non l’avrei fatta, i banchi per me sono fondamentali e tutto ruota intorno a questi banchi monoposto”.

“Siamo tutti sulla stessa barca”

Francesco Camillo sente anche il dovere di fare un appello a tutta la sua comunità scolastica: “Collaboriamo nella gestione dell’emergenza, perché siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo un obiettivo comune: garantire il servizio scolastico in condizioni di sicurezza. Parliamo di alunni, sì, ma anche di figli. Ricordo perfettamente quel giorno in cui ho voluto riunire tutti i rappresentanti dei genitori a piccoli gruppi, dedicando un’ora a ognuno, perché avevo la necessità di guardarci in faccia e definire dei punti fermi. Regole che potevano sembrare punitive, eccessive, ma che dovevamo inserire in un patto. Ma non solo: ho anche detto loro che se avessi avuto la percezione di non poter assicurare la sicurezza di tutti, avrei chiuso la scuola per qualche giorno. È una cosa che come datore di lavoro posso fare”.

Tecnologia, occasione persa

Il dirigente scolastico è un fiume in piena e racconta un altro, significativo aneddoto: “Durante il lockdown avevo disposto che tutti lavorassero in smart working e che andassi a scuola solo io. Poi il nostro direttore amministrativo mi ha dissuaso quasi ‘imponendomi’ di portare con me almeno un collaboratore. Questo per dire che vista l’assenza dei banchi sarei stato più tranquillo con la didattica a distanza, che i genitori avevano anche apprezzato già l’anno scorso in tempi non sospetti, e nella quale tutto il corpo docenti ha ottenuto risultati straordinari”. Ecco perché considera che “l’unico errore vero del governo sia stato non fare un ragionamento serio sulla didattica a distanza, anziché vietarla di netto per elementari e medie”.

Il pensiero va agli alunni più fragili, ma anche a quei genitori fortemente condizionati da una vera ansia da contagio: “Ci sono almeno sei allievi fragili che non possono frequentare per motivi di salute, per i quali sto cercando la soluzione migliore, ma anche genitori che mi chiedono l’istruzione parentale per paura di mandare i figli a scuola. Ora, in tema di responsabilità, posso mai obbligare un genitore a sovrastare il terrore puro? Di fronte a questi casi di emergenza stiamo valutando misure straordinarie, perché la scuola è tutto e appartiene a tutti”.


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