"Vietiamo per sempre ai corrotti |di stare in politica e negli uffici" - Live Sicilia

“Vietiamo per sempre ai corrotti |di stare in politica e negli uffici”

La proposta del Garante dei diritti dei detenuti Lillo Fiorello al Festival della Legalità in corso a Marinella di Selinunte: legare l'interdizione perpetua dai pubblici uffici alle condanne per corruzione. "Solo così, e non aumentando la pena di qualche mese, si crea un deterrente vero".

Lillo Fiorello al Festival della Legalità
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“In questi giorni si parla tanto dell’inasprimento delle pene per la corruzione e la concussione. Ma siamo sicuri che un anno in più di carcere sia un deterrente efficace? Credo che invece sia più utile inserire un automatismo, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per chi commette questi reati. Così un politico o un funzionario ci pensa due volte”. La proposta arriva dal Garante dei diritti de detenuti presso la Provincia di Trapani, Lillo Fiorello, intervenuto al quarto caffé letterario organizzato nell’ambito del “Festival della Legalità in tour” a Marinella di Selinunte: il dibattito è stato l’occasione per fare il punto sull’universo carceri, dal 41 bis alla rieducazione e al sovraffollamento.
Fiorello, intervistato dal coordinatore di “S” Claudio Reale, si è soffermato ad esempio sul sovraffollamento delle carceri. “Costruire nuove carceri – afferma – non è la soluzione. Soprattutto non lo è costruire carceri fuori dai centri abitati: così si marginalizza il detenuto. Bisogna invece depenalizzare i reati minori e, appunto, fare ricorso alle pene accessorie, che possono essere un deterrente molto più di un lieve inasprimento della pena”. L’esempio viene dall’argomento del momento, la corruzione, rinfocolato a Palermo dalla polemica sulla vicenda che riguarda Alfredo Milani al Comune: “L’interdizione perpetua dai pubblici uffici – affonda Fiorello – è una condanna più temuta da politici e burocrati. A loro, in altre parole, sarebbe vietato votare e farsi eleggere, ma anche stare negli uffici, per sempre, e non solo per qualche anno come accade spesso oggi”.
Il cuore del dibattito, però, ha riguardato il carcere duro. “Se si pensa al 41-bis come un mezzo per indurre i mafiosi a collaborare con la giustizia – spiega Fiorello – questa strategia ha evidentemente fallito. Da vent’anni a questa parte i mafiosi detenuti al 41-bis che hanno scelto di parlare con i magistrati sono stati appena 26”. Per i detenuti in regime di carcere duro, al momento circa 600 in tutta Italia, la proposta di Fiorello è l’equiparazione alle condizioni carcerarie di chi è in cella nei reparti di Alta sicurezza: “I penitenziari – dice il legale – hanno gli strumenti per controllare i detenuti anche senza costringerli a un trattamento che è stato giudicato più volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario ai diritti umani. D’altro canto, non è riducendo da tre a uno i colloqui con i familiari che si evita che arrivino ordini all’esterno”.
Regime di alta sicurezza, quindi. “Non vedo perché – prosegue Fiorello – non si debba evitare allo stesso modo che ad esempio un detenuto per rapina comunichi con l’esterno. E infatti in condizioni di Alta sicurezza questo non avviene. La pena, con il 41-bis, è meramente afflittiva, ma la superiorità del diritto, la giustizia nel senso più alto, deve affermarsi nel rispetto dei diritti umani di tutti, anche dei detenuti”. Per Fiorello, poi, la presenza nel papello di una richiesta specifica legata al carcere duro non può essere un argomento per non alleggerirlo: “Non è fare un favore ai mafiosi – commenta – anche perché credo che quella richiesta fosse legata alle condizioni del periodo immediatamente successivo alle stragi, quando nelle carceri di Pianosa e dell’Asinara le condizioni carcerarie erano molto più dure di adesso. Nel tempo il 41-bis è stato alleggerito, ma adesso dobbiamo discutere di diritti, non di richieste dei mafiosi”.


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