Violenza contro medici e personale | Il far west degli ospedali siciliani - Live Sicilia

Violenza contro medici e personale | Il far west degli ospedali siciliani

Una manifestazione del sindacato Cimo

Continuano le aggressioni agli operatori di pronto soccorso. I sindacati: "Serve più protezione".

PALERMO – Due aggressioni in venti ore, quasi venti dall’inizio dell’anno: è il far west degli ospedali siciliani, in cui medici e infermieri subiscono la rabbia dei pazienti e dei parenti dei ricoverati. Le vittime di percosse sono soprattutto gli operatori dei pronto soccorso, in cui le lunghe attese scatenano gli episodi di violenze. I sindacati sottolineano: “Necessaria una maggiore protezione con le forze di polizia e una governance dei posti letto”.

Gli ultimi atti di violenza hanno richiamato l’urgenza del problema. A Palermo, nella prima serata di ieri, un infermiere dell’ospedale Cervello è stato colpito alla testa da tre parenti di un paziente giunto al pronto soccorso per una crisi asmatica. I familiari si sono innervositi per i tempi di attesa troppo lunghi prendendosela con l’operatore addetto al triage, ovvero il processo con cui si assegnano i codici di priorità. Sempre i tempi di attesa sarebbero al centro dell’aggressione subita da una dipendente del Cup di Castelvetrano, in provincia di Trapani, dove una donna che aveva saltato la fila ha picchiato l’addetta e poi è fuggita, mentre è stata la confusione nelle stanze di visita a causare la violenza all’interno dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, anch’essa recente. In questo caso, i familiari di un giovane privo di sensi si sono infilati nella stanza in cui una dottoressa e un suo collega stavano visitando il paziente, e quando sono stati invitati a lasciare la stanza hanno reagito picchiando i medici. L’episodio risale a marzo, oggi i provvedimenti cautelari.

Sono solo i casi più visibili di quella che sembra essere sempre di più una regola per gli ospedali dell’isola. Solo dall’inizio dell’anno infatti le aggressioni ai danni di medici e infermieri sono state circa tre al mese, e almeno sei sono state documentate nel solo mese di aprile. C’è stato il caso dell’infermiere del Civico di Palermo colpito dal padre di un paziente che era entrato in un’area dove non era consentita la presenza degli utenti; quello di una dipendente presa a calci e pugni e poi trascinata per i capelli all’anagrafe dell’Asp di Carini; l’aggressione a un’infermiera dell’ospedale di Partinico colpita alle spalle e al petto da un utente; l’attacco a un medico del reparto chirurgia del Cervello di Palermo colpito con un casco dal parente di un paziente in attesa di trasferimento; l’aggressione, sempre al Cervello, ai danni di un operatore socio sanitario che distribuiva i pasti e che aveva invitato i familiari ad allontanarsi dal reparto perché era in sovraffollamento. E ancora, nei mesi precedenti, c’erano stati diversi altri casi di aggressioni, come quella ai danni di un dipendente dell’Asp di Agrigento assalito da un utente che rivendicava il riconoscimento di una patologia da parte della commissione per le invalidità civili, o quella ai danni di quattro medici palermitani picchiati dal padre di un bimbo nato prematuro e morto per le complicazioni di un tumore.

Tutte storie che fanno crescere la preoccupazione tra il personale medico e infermieristico. “Ogni giorno andiamo al lavoro ma non sappiamo se torniamo”: per Francesco Frittitta, coordinatore regionale del sindacato degli infermieri Nursind, “ormai è una minaccia quotidiana, e con l’avvento dell’estate e il personale che va in ferie le cose peggioreranno, si scatenerà l’inferno”. Il problema, spiega Frittitta, è nel “tasso elevatissimo di attesa nei pronto soccorsi, che sono diventati il parafulmine di tutte le aziende. Purtroppo la rete ospedaliera siciliana, così come è stata strutturata, è inefficace, perché tra le altre cose il rapporto tra pazienti e infermieri dovrebbe essere molto più basso. Secondo lo studio clinico mondiale RN4Cast – prosegue Frittitta – il rapporto ideale è di un infermiere ogni sei pazienti. Al di sopra, secondo lo studio, si registra sempre un aumento della mortalità, e in Sicilia abbiamo un infermiere ogni 15 pazienti”.

Sulla mancanza di risorse punta anche Angelo Collodoro, del sindacato medico Cimo: “in Sicilia si aspetta ancora la rete ospedaliera e non si fanno le assunzioni, di conseguenza ci troviamo con poco personale, con strutture non adeguate, con il personale che lavora sotto pressione. In uno studio realizzato su 23 reparti di pronto soccorso siciliani dal nostro sindacato abbiamo potuto constatare che il problema è nell’imbuto che si viene a creare per la mancanza di posti letto nei reparti. Di conseguenza i pazienti stazionano nei pronto soccorso perché non possono essere ricoverati”. Il problema, prosegue Collodoro, è “la mancanza di governance dei posti letto da parte delle aziende, e dell’assessorato alla Salute che dovrebbe vigilare. Tutto questo crea una grande frustrazione nella popolazione, e le persone se la prendono con i medici e gli infermieri, non con i direttori sanitari o l’assessorato”.

Accanto a soluzioni nella struttura sanitaria i sindacati propongono anche il rinforzo delle misure di sicurezza: “L’intervento poliziesco da un lato può servire come deterrente – dice Collodoro – perché chi è meno giovane ricorda perfettamente che i pronto soccorso erano sempre presidiati dai Carabinieri o dalla Polizia e non c’erano aggressioni”. Dello stesso parere Frittitta: “Dovremmo essere più tutelati dalla presenza di forze dell’ordine o di servizio d’ordine privato. Ma serve anche un’educazione sanitaria di base. Ancora oggi non c’è stata una campagna di educazione all’uso del pronto soccorso e della medicina di base, e purtroppo le persone vedono l’accesso al pronto soccorso come un bypass a tutte le prestazioni ordinarie, riempiendo i reparti anche quando potrebbero rivolgersi al medico di base”.

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