Violenza donne, Berretta: |"Attivare il codice rosa" - Live Sicilia

Violenza donne, Berretta: |”Attivare il codice rosa”

Presentata la proposta per Catania durante il confronto promosso dal deputato etneo dei Democratici: “Non servono ingenti investimenti economici ma coordinamento e lavoro di squadra”.

Nei pronto soccorso
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CATANIA – “Anche nei Pronto Soccorso della nostra città possiamo avviare il progetto Codice Rosa, che non comporta ingenti investimenti economici ma grande impegno in termini di coordinamento e lavoro di squadra per aiutare tutte le vittime di violenza: abbiamo lanciato la proposta ai vertici dell’ASP, ottenendo risposte che ci rassicurano e questo ci fa ben sperare per il futuro”. Lo ha affermato il parlamentare nazionale del Partito Democratico Giuseppe Berretta, promotore dell’iniziativa su “Codice Rosa nei Pronto Soccorso: anche a Catania un progetto di accoglienza per contrastare la violenza” che, svoltasi ieri sera a Catania, ha visto la presenza di numerosi partecipanti tra esponenti del mondo delle associazioni antiviolenza e del mondo della sanità e, tra questi, in prima fila il direttore sanitario dell’ASP etnea Franco Luca e l’endocrinologo Riccardo Vigneri.

Un dibattito intenso coordinato da Tania Spitaleri, componente della direzione regionale PD e Consigliere comunale a Giarre, da cui sono emersi molti spunti e buone pratiche sulle azioni da intraprendere per tutelare le vittime di violenza, al quale hanno dato un importante contributo Vittoria Doretti (dirigente medico dell’ASL 9 di Grosseto e responsabile della Task Force Codice Rosa) e Fabrizia Giuliani, parlamentare nazionale del PD.

Cos’è il Codice Rosa. Il Codice Rosa identifica un percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato a tutte le vittime di violenze, senza distinzione di genere o età che, a causa della loro condizione di fragilità, più facilmente possono diventare vittime di violenza: donne, uomini, bambini, anziani, immigrati, omosessuali. Il Codice viene assegnato insieme al codice di gravità da personale addestrato a riconoscere segnali non sempre evidenti di una violenza subita anche se non dichiarata. Quando viene assegnato un Codice Rosa, si attiva il gruppo operativo composto da personale sanitario (medici, infermieri, psicologi) e dalle forze dell’ordine, che dà cura e sostegno alla vittima, avvia le procedure di indagine per individuare l’autore della violenza e se necessario attiva le strutture territoriali. Al Codice è dedicata una stanza apposita all’interno Pronto Soccorso, la Stanza Rosa, dove vengono create le migliori condizioni per l’accoglienza delle vittime.

“Il Codice Rosa non è solo una stanza riservata e attrezzata con strumentazioni adeguate, ad esempio con un lettino ginecologico, ma è molto altro, è lavorare in squadra, contare su medici e infermieri di Pronto Soccorso addestrati a riconoscere anche il più piccolo segnale di violenza – ha spiegato Vittoria Doretti – Il nostro lavoro con la task force interistituzionale tra Asl di Grosseto e Procura, cui abbiamo dato vita nel 2010, si basa anche sul lavoro delle cosiddette sentinelle: la scuola innanzitutto, con maestre e insegnanti coinvolte nel riconoscere possibili segni di violenza, fino all’addestramento di estetiste o parrucchiere e al coinvolgimento dei medici di base”. “Insomma, il Codice Rosa è semplicissimo e non presuppone ingenti risorse economiche – ha concluso Doretti – Ci vuole grande lavoro di squadra, personale addestrato e buona volontà”. E difatti i risultati nella Maremma non sono tardati ad arrivare: si è passati da soli 2 casi di violenza registrati in tre anni nel Pronto Soccorso, a 309 casi in un anno e, nel 2011, i casi registrati sono stati 503.

I dati sulle violenze. Dati che confermano le proporzioni di un fenomeno che non si arresta: secondo uno studio commissionato dal parlamentare nazionale dei Democratici Berretta al Centro studi della Camera, nel 2013 sono stati 501 gli omicidi in Italia (fonte Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno): di questi, il 35 per cento ha visto donne come vittime. Nello stesso anno, sui 172 omicidi in ambito familiare registrati in Italia, ben 120 hanno riguardato donne. Inquietanti anche i dati sullo stalking: nel 2012 sono stati 11.436 i procedimenti giudiziari su persecuzione e stalking (la fonte è il Ministero della Giustizia), il 92 per cento dei quali trae origine dalla denuncia della vittima, prevalentemente alla polizia giudiziaria. Ancora: nel 90 per cento dei casi le vittime di stalking sono donne, nel 42,5 per cento dei casi i processi hanno portato alla condanna del persecutore, nel 14,9 per cento ad un patteggiamento e solo nell’11,5 per cento ad una assoluzione. “Il 23 per cento delle delle donne siciliane tra i 16 e i 70 ha subito una violenza fisica o sessuale e nel 50 per cento dei casi la violenza si è consumata in ambito domestico e familiare – ha spiegato Vincenzo D’Agate, coordinatore regionale dell’Aiilf, Associazione Italiana Infermieri Legali e Forensi – I Triage hanno grosse responsabilità in questo senso, perché il 64 per cento delle vittime di violenza che decidono di denunciare, lo fa direttamente al Pronto Soccorso: fondamentale è quindi l’accoglienza mirata, l’addestramento del personale e l’istituzione della task force sanitaria-giudiziaria”.

Si è discusso anche delle “vittime invisibili della violenza assistita che sono i bambini – ha spiegato la psichiatra Gisella Summa – e che vanno ugualmente tutelate”.

Importante il contributo di Fabrizia Giuliani, esponente della Commissione Giustizia della Camera, principale animatrice del movimento Se Non Ora Quando e relatrice del provvedimento di legge con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, “l’unico strumento giuridico vincolante per tutti i Paesi che lo hanno accolto nel contrasto alle violenze” ha detto Giuliani. “La Convenzione è stato un grande passo, come la legge 119 del 2013, ma altrettanto lo è il Piano nazionale contro la violenza alle donne, che deve vedere tutte le istituzioni impegnate per sostenere le iniziative mirate al contrasto della violenza sessuale e di genere e su questo ci sarà il nostro impegno concreto”. Le somme destinate al Piano Antiviolenza nel 2014 ammontavano a 18 milioni di euro e per il 2015 si prevede un leggero incremento della somma.

Il Codice Rosa a Catania. A contribuire al dibattito anche il Prof. Riccardo Vigneri, che ha citato i numeri dei Triage catanesi: 450 mila accessi annui in tutta la provincia, 250 mila nei soli nosocomi della città di Catania. “Con questi numeri – ha detto – non è facile raggiungere livelli organizzativi tali da permettere facilmente l’attuazione del Codice Rosa, ma sicuramente si può intervenire sulla formazione del personale: una legge regionale del 2012 prevede formazione specialistica per medici e infermieri del Pronto Soccorso, per tipologia di emergenza da trattare, ma purtroppo non viene rispettata”. Aperture sono arrivate dal direttore sanitario dell’ASP, dott. Franco Luca: “E’ importante che si parli di violenza e Codice Rosa, perché anche noi dovremmo ragionare di più in termini di squadra, abbandonando la logica del ‘non è di mia competenza’ quindi sono d’accordo sulla necessità di una svolta non solo culturale ma anche organizzativa nel nostro territorio”.

“Vogliamo far sì che le nostre proposte politiche diventino realtà concrete, anche a Catania” ha sottolineato quindi Tania Spitaleri, rilanciando la proposta avanzata da Berretta per la nostra città: “Guardiamo con ammirazione alle esperienze positive che stanno dando buoni frutti in altre città, a partire da quella di Grosseto, per replicarle anche da noi – ha concluso Berretta – Abbiamo visto che non ci vogliono grosse risorse economiche, ma coordinamento tra ASL, personale sanitario e giudiziario, con il coinvolgimento delle associazioni già molto impegnate anche sul nostro territorio: allora andiamo avanti e facciamo sì che il Codice Rosa venga realizzato anche a Catania”.


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