PALERMO- Viaggio nei meandri della sanità siciliana. Attesa al Cup di Villa Sofia, a Palermo, per prenotare una visita anestesiologica, mese di settembre inoltrato. Operatrice cortesissima e desolata: “Ne parliamo a dicembre”. Possiamo prenotare per dicembre, allora? “No, nel senso che a dicembre si deve tornare con la prenotazione e si vede”.
Cambio di scenario. Mercoledì 18 ottobre. Alle 14.42 la schermata sul computer dice: indice di sovraffollamento del 180 per cento al pronto soccorso di Villa Sofia. I pazienti devono avere ancora più pazienza. La pratica quotidiana dà la raffigurazione di un mondo che arranca. La cosa è nota, ma non consola saperlo. Le strategie politiche intorno a nomine di manager e commissari accrescono le perplessità di chi osserva dal basso. I sindacati, ovviamente, confermano lo stato d’emergenza.
Emergenza visite
“Nonostante siano state finanziate le prestazioni aggiuntive per recuperare l’arretrato, la situazione delle liste d’attesa è drammatica – dice Giuseppe Bonsignore del Cimo, il sindacato che raccoglie i medici ospedalieri -. L’ultima vicenda gravissima riguarda il reparto di Ortopedia di Villa Sofia che chiude. Dove andranno i malati? Sugli interventi programmati, sulle visite cardiologiche, sulla colonscopia, ci sono persone che aspettano fino a sei mesi”.
“Parliamo delle piante organiche dei pronto soccorso a Palermo – incalza Bonsignore -. Hanno vuoti del quaranta e cinquanta per cento. Nell’area di urgenza, trovi giovani colleghi, senza esperienza, né tutoraggio. Nel frattempo, la politica che fa? Si divide sulle nomine e sui sorteggi…”.
L’urgenza e le attese
“I finanziamenti – dice Francesco Lucchesi, componente della segreteria regionale Cgil, con delega alla Sanità – sono stati dati in un modo che non condividiamo, in parti uguali tra pubblico e privato. Così si svuota la sanità pubblica e si incentivano i malati a ricorrere ai privati. Le liste d’attesa raccontano una catastrofe, giorno per giorno. Ci sono persone che attendono sessanta giorni per una visita urgente. Gli altri, se sono fortunati, se la cavano in cinque mesi”.
Lucchesi fa il punto, pure lui, sui pronto soccorso: “Le porto l’esempio del pronto soccorso di Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese, che è chiuso da un paio di mesi, per ristrutturazione. Significa che, se sono lì e sto male, devo rivolgermi a Patti o a Milazzo. Ci vuole mezz’ora solo per arrivare, senza contare il traffico. Nelle strutture d’emergenza ci sono due medici, quando va bene”.
Gli anziani ‘sacrificabili’
“Dobbiamo ripensare la Sanità, tutelando gli anziani – dice Pippo Piastra della Uil Fpl -. Ormai sono considerati quasi dei soggetti sacrificabili, anche se nessuno lo ammette. Invece, dovrebbero avere un canale dedicato per l’assistenza, considerando che sono i più fragili”.
“Il Covid non ci ha insegnato niente – continua il sindacalista -. La crisi provocata dalla pandemia è come se fosse diventata strutturale. Nel pubblico non rimarrà nessuno, tra i professionisti, e avremo cure soltanto per chi potrà pagarle. Noi, in Sicilia, abbiamo una questione aperta sulla Seus che gestisce l’emergenza-urgenza. Ci sono disagi nei servizi che la governance dovrebbe affrontare. Abbiamo chiesto un incontro”.
I numeri della Sanità
Poco più di un mese fa, un report della Fondazione Gimbe ha fornito numeri inequivocabili. La spesa sanitaria pubblica del nostro Paese nel 2022 si attesta al 6,8% del Pil, sotto di 0,3 punti percentuali rispetto alla alla media europea del 7,1%. Ecco le parole del presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, secondo cui l’Italia “deve al più presto invertire la rotta. Altrimenti sarà l’addio al diritto costituzionale alla tutela della salute”.