Oltre 5 mila euro al mese. Al lordo, s’intende, perché al netto fanno 2.695,29 euro. È una detenzione dorata, quella di Gaspare Vitrano: mentre l’Ars, alle prese con il terzo arresto in meno di un anno, si interroga sulla questione morale, il deputato del Pd – accusato di concussione, finito in cella dopo essere stato sorpreso con una presunta tangente in tasca e poi trasferito ai domiciliari – riceve ancora un’indennità dall’Ars. Un’indennità che, pur non arrivando alle vette raggiunte dai suoi colleghi (5.390,58 euro netti più l’indennità di funzione, la diaria e i rimborsi per le spese di viaggio e per i telefoni), viene versata a Vitrano “come sussidio in attesa della decisione del Consiglio dei ministri”, come spiega il capo dell’ufficio Competenze deputati dell’Ars, Antonino Tomasello.
Già, in attesa. Perché Vitrano, in questo momento, si trova in un limbo: l’Ars, subito dopo l’arresto, l’ha sospeso in via cautelativa, ma perché la decisione diventi definitiva e Vitrano possa essere sostituito all’Ars (come è già successo al suo collega Fausto Fagone, finito in cella nell’operazione Iblis) è necessario un decreto del presidente del Consiglio dei ministri che ratifichi la sospensione. Per Fagone il governo fece molto più in fretta: il decreto di Berlusconi fu notificato al Parlamento regionale il 29 novembre, 26 giorni dopo l’arresto del politico.
Nel frattempo, l’Ars ha tagliato qualcosa. “Un deputato nelle sue condizioni – prosegue Tomasello – perde il diritto a tutti i benefit e rimborsi spese. Inoltre, nel suo caso, l’indennità netta è stata ridotta del 50 per cento”. Non solo: con l’arresto Vitrano ha perso anche l’incarico di deputato segretario dell’Assemblea, e quindi dalla sua busta paga è caduta anche l’indennità aggiuntiva legata a questa funzione, un assegno da 3.316,16 euro al mese. Il resto, però, non si tocca. In barba alla questione morale.