ENNA – Da quella terribile accusa che era stata mossa contro di lui – aver avuto un ruolo in un orrendo delitto avvenuto a Villarosa vent’anni fa – è stato assolto già da tempo con formula piena. Adesso i giudici della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta hanno disposto un indennizzo per l’ingiusta detenzione subita, pari a 103 mila euro, in favore di Michele Nicosia. 59enne di Villarosa, è difeso dall’avvocato Antonio Impellizzeri.
Era finito sotto processo per concorso nell’assassinio dell’autotrasportatore Giuseppe Bruno, titolare di una rivendita di tabacchi a Cacchiamo. Il 27 maggio 2004 Bruno fu ammazzato dal pregiudicato Maurizio Nicosia. L’assassino poi diede il suo corpo in pasto ai maiali. Maurizio Nicosia, difeso anch’egli dall’avvocato Impellizzeri, è stato da tempo condannato in via definitiva a 16 anni. L’omicidio fu ritenuto un delitto comune, senza aggravanti e con la prescrizione dell’accusa di distruzione di cadavere. Questo spiega la pena decisamente bassa per un delitto.
L’omicidio
La vittima era andata a protestare per chiedere la restituzione di un prestito fatto a un altro appartenente della famiglia Nicosia. Ma Bruno fu strangolato in uno scatto d’ira da Maurizio Nicosia. Michele sarebbe stato presente al momento iniziale della discussione. Ma non ebbe alcun ruolo nel delitto, né alcun coinvolgimento anche astratto. Questo è stato stabilito in via definitiva dai giudici.
L’indennizzo
Adesso la Corte d’appello presieduta da Andreina Occhipinti, consigliere Marco Sabella, consigliere relatore Gabriella Natale, ha condannato il ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di 103.524,98 euro. Michele Nicosia rimase in carcere dal 22 febbraio al 14 dicembre 20017 e 13 luglio al 29 novembre 2018. Fece in tutto 1 anno 2 mesi e 14 giorni in cella da innocente.
La somma viene calcolata, spiegano i giudici nel loro verdetto, sulla base di un parametro tecnico, e non è da intendersi come un risarcimento. L’indennizzo è per legge pari a 235,82 euro al giorno, in questo caso per 439 giorni di detenzione. In tutto quel periodo si è sempre professato innocente, rispondendo pure negli interrogatori e ribadendo di non entrarci nulla.
L’estraneità ai fatti
I giudici di merito hanno stabilito che era imprevedibile la reazione violenta di Maurizio Nicosia. Per questo il delitto fu ritenuto “d’impeto”. L’imprevedibilità, peraltro, riguardava lo stesso Michele Nicosia, che non poteva certo sapere cosa avrebbe fatto suo cugino, tanto più che il “risarcito” è persona che, a differenza di Maurizio, non ha mai avuto guai con la giustizia. Michele era stato condannato a 14 anni in primo grado e poi assolto in appello. Infine l’assoluzione è divenuta irrevocabile col pronunciamento della Cassazione.
L’inchiesta sull’orribile delitto è stata condotta dalla sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile di Enna e dal Reparto Operativo, nucleo investigativo, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Enna. Un decisivo impulso è giunto dalle dichiarazioni di un altro cugino di Maurizio, Santo Nicosia, il quale ha riferito agli inquirenti di aver visto Bruno discutere con lui, che lo avrebbe ucciso, poi sezionò il corpo e diede in pasto ai maiali.
“Un innocente ingiustamente detenuto”
“E’ stata una vicenda giudiziaria molto complessa ed articolata, nelle sue fasi cautelari e di merito, ove diversi giudici e la stessa Suprema Corte di Cassazione penale, più volte aditi dalla difesa e dalla pubblica accusa, avevano reso ed enunciato criteri di valutazione e principi di diritto contrastanti, nonostante il compendio probatorio fosse immutato nei vari gradi di giudizio”, afferma l’avvocato Impellizzeri.
“Essa rappresenta un esempio emblematico, tipico della insidia insita in ogni processo penale, soprattutto quelli con collaboratori di giustizia, ossia che in Italia anche un innocente può finire ingiustamente in prigione senza avere fatto nulla. Bisogna solo avere fiducia – conclude il penalista – e credere fermamente nei valori della difesa e della giurisdizione. Uno stato di diritto evoluto come il nostro sa riconoscere e porre rimedio ai propri errori e questo è il valore più importante”.