“C’è stato un momento preciso in cui ho deciso di cominciare a registrare tutta la mia campagna elettorale”. Quel momento per Ismaele La Vardera è stato uno spartiacque tra due modi differenti – e nemmeno troppo – di vivere la sua candidatura a sindaco di Palermo alle scorse Comunali. “Perché io candidato lo sono stato davvero, non è stata una farsa”, ribadisce, forte anche di una sentenza del Tribunale di Palermo che ha “siglato” la sua verità.
E adesso, nel giorno dell’anteprima del suo film “Il sindaco – Italian politics 4 dummies”, realizzato con Davide Parenti e Claudio Canepari, due autori storici della tv italiana, la Iena è una molla e difficilmente riesce a restare fermo per più di qualche secondo. L’ansia per le due date di proiezione del film nei cinema di Palermo, il 26 e il 27 novembre, col tutto esaurito registrato in sole 48 ore dalla messa in vendita dei biglietti, si sommano al pensiero di chi sta aspettando di vedere quelle immagini riprese con le telecamere nascoste e la tensione diventa incontrollabile. “Ovvio che sono in ansia – dice. – Ci sarà certamente chi si sentirà offeso. Ma adesso non saprei dirvi chi. Ci siamo detti ‘facciamo questa cosa e facciamola fino in fondo’. Quindi abbiamo costruito un film senza filtri. Da giorno 28 vedrò le reazioni”.
Quindi, qual è quel momento di cui parlava?
C’è stato un giorno preciso. Quel giorno Marianna Caronia (deputato regionale eletto nelle fila di Forza Italia e oggi Gruppo misto, n.d.r.) mi ha annunciato che la sua candidatura sosteneva quella di Fabrizio Ferrandelli. E io le ho chiesto come fosse possibile che lei, da sempre donna di destra, potesse correre con un candidato proveniente dal centrosinistra. La sua risposta è stata che dietro a tutta quella “operazione” c’era Totò Cuffaro, lui era la garanzia di tutto. E allora mi sono detto: da oggi voglio documentare tutto.
E Cuffaro lo ha mai incontrato durante quella campagna elettorale?
Sì, certo, anche più volte. Sempre a casa sua. Mi ha fatto capire chiaramente, ma lo sapevamo già che caldeggiava Ferrandelli. Mi ha fatto capire anche che bisognava ‘ottimizzare il risultato’ in caso di ballottaggio: in quella circostanza mi avrebbero offerto un posto da assessore. E io pensavo che mi sembrava davvero incredibile che proprio Cuffaro, condannato e interdetto dai pubblici uffici, facesse la regia della campagna di Ferrandelli. Non so se Ferrandelli sapeva, ma Cuffaro parlava proprio al posto suo.
Secondo un’indiscrezione, saresti stato contattato anche da una famiglia mafiosa di Palermo che ti ha offerto una compravendita di voti.
Una mattina, stavo facendo il solito giro per i quartieri di Palermo quando l’ex consigliere comunale Franco Musotto, cugino dell’ex presidente della Provincia, mi dice che vuole portarmi nel quartiere della Kalsa. Arrivato lì mi portano in uno sgabuzzino dove vendevano bibite e mi dicono che una delle famiglie della Kalsa può portarmi 300 voti per 8 mila euro, 4 mila da versare prima e 4 mila dopo le elezioni. Ovviamente appena uscito da lì ho denunciato tutto alla magistratura e non ho più voluto saperne nulla. Musotto voleva candidare la figlia nelle mie listea: ho detto no.
Ma nessuno ti ha contattato dopo aver saputo del film per chiederti di fermarti, o per minacciarti?
Nessuno.
Nemmeno i leader che ti sostenevano durante la campagna elettorale? Matteo Salvini e Giorgia Meloni, per esempio?
No, nemmeno loro. Credo che pure loro stiano aspettando di vedere il film.
Ci sono scene che possono metterli a disagio?
Ho soltanto raccontato la mia esperienza con loro. Ma nessuno mi ha mai chiesto quale fosse il mio programma per la città. Gli interessava soltanto avere qualcuno su cui puntare in quella competizione.
Qualcuno che non ha preso la sua decisione di fare un film sulla campagna elettorale c’è stato, però. Il suo candidato al Consiglio comunale Francesco Benigno ha anche chiesto alla magistratura di fermare l’uscita del film (leggi qui).
Rispetteremo qualsiasi esito deciso della magistratura. Benigno ha tutto il diritto di esprimere il suo pensiero. Noi andiamo avanti lo stesso. Abbiamo chiesto a tutti di firmare una liberatoria, lui non l’ha voluta firmare. Ma nel film lo abbiamo messo lo stesso perché ha prevalso l’interesse giornalistico.
Ma sensi di colpa non ne ha nei confronti di quelli che si sono fidati di lei?
Ne avrei se avessi mentito sin dall’inizio, ma io sono stato candidato sindaco fino in fondo. Ho fatto di tutto per essere eletto, ho ancora i debiti da pagare per quella campagna elettorale. Se fosse stato tutto programmato dall’inizio non ci avrei messo un anno e mezzo prima di far uscire il film. Avevo soltanto deciso di riprendere delle situazioni: che male c’è?
E se quelle elezioni le avesse vinte?
Avrei governato Palermo, anche se mi sono accorto che non è così facile, servono competenza e preparazione, non ci si improvvisa amministratori. Il documentario però lo avrei fatto lo stesso.
Ritenterà con la politica?
Non penso. Non è nei piani. Sono tornato a fare quello che so fare: il buffone a Le Iene. Adesso, nei piani, c’è solo una lunga pausa.