PALERMO – Messo di fronte al contenuto delle intercettazioni avrebbe ammesso le proprie responsabilità. “Una leggerezza”, così Pietro Franzetti avrebbe definito il tentativo, per altro non andato in porto, di comprare un pacchetto di voti.
Franzetti non riuscì a farsi eleggere al consiglio comunale di Palermo nella votazione del 2012. Oggi è indagato con l’obbligo di vivere lontano dal capoluogo siciliano con l’accusa di corruzione elettorale aggravata. L’inchiesta che lo vede coinvolto è la stessa che ha portato in carcere, nei giorni scorsi, 91 persone, tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di San Lorenzo e Resuttana.
Le microspie hanno svelato trattativa avviata da Franzetti con i presunti mafiosi per assicurarsi le preferenze. I procacciatori dei voti, costati 13.200 euro, sarebbero stati Lorenzo Flauto, Francesco Graziano e Vincenzo Russo. Nelle intercettazioni si parla di “50 euro” a preferenza e di voto controllato facendosi consegnare prima i certificati degli elettori “avvicinati”.
Nel corso dell’interrogatorio davanti al Gip Franzetti avrebbe confermato il suo doppio ruolo. Da un lato, assieme alla moglie, impegnato a denunciare e fare arrestare gli uomini che erano andati a chiedere il pizzo alla donna titolare di un ingrosso di carni, e dall’altro di candidato disposto a “comprare” i favori elettorali pescando nello stesso ambiente che aveva combattuto con la denuncia.