CATANIA – Posti di lavoro in cambio di voti. E’ quanto sarebbe accaduto secondo gli inquirenti catanesi durante le amministrative del 2010 che sancirono la vittoria di Pino Firrarello a sindaco di Bronte. Sarebbe stato promesso l’inserimento all’interno dell’organico delle aziende dell’imprenditore D. D. C. ad Antonino Motta, Salvatore Giuliano, Giuseppe Greco e Arturo Greco. L’inchiesta è arrivata ad una svolta: la Procura ha chiesto infatti al Gip l’archiviazione per il primo cittadino di Bronte, in quanto non sussisterebbero i gravi indizi di reato sufficienti a sostenere il dibattimento.
Firrarello e D. C. sin dalla notifica dell’avviso di garanzia avevano respinto ogni accusa. “Non ho mai promesso assunzioni in cambio di consensi – aveva affermato a LiveSicilia il sindaco di Bronte – né, se mi consentite una battuta, so chi cavolo sia questo D. C. o i quattro che avrei raccomandato”. E dal canto suo anche D. C. sostiene di non aver mai parlato con Firrarello. “Il sindaco di Bronte – ha ribadito D. C. – non mi ha mai chiesto favori né assunzioni. Io non ho mai parlato di queste cose con lui, con i suoi segretari, con nessuno”. Inoltre l’imprenditore ha più volte ribadito di non aver mai conosciuto i presunti raccomandati: “Si tratta di personaggi – aveva detto a LiveSicilia – che non abbiamo mai incontrato in azienda, non abbiamo il loro curriculum, né mai sono stati assunti”. Anche la posizione della candidata consigliera comunale Vincenza Carroccio è stata stralciata dalla Procura, che ha avanzato istanza di archiviazione al Giudice per le Indagini preliminari.
Gli altri indagati invece, tra cui l’imprenditore D. D. C., l’ex deputato all’Ars Fabio Mancuso, Roberto Landro, ex segretario di Giuseppe Castiglione (all’epoca Presidente della Provincia), Agatino Scardina e i quattro presunti “raccomandati” Antonino Motta, Salvatore Giuliano, Giuseppe Greco e Arturo Greco, sono stati rinviati a giudizio e hanno già affrontato la prima udienza davanti alla Terza Sezione Penale del Tribunale di Catania. Al centro delle indagini coordinate dai pm Antonio Fanara e Andrea Bonomo e condotte dai Carabinieri del Noe un incontro elettorale organizzato dal centrodestra a cui avrebbe preso parte D. C. . Le cimici della Procura hanno captato conversazioni nelle quali si discuteva proprio della collocazione lavorativa di quattro persone nell’aziende dell’imprenditore paternese.
A costituire il perno del sistema ci sarebbe Roberto Landro, che “sfruttando il proprio ruolo di segretario del Presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione, genero di Pino Firrarello – scrivono i pm – forniva a Scardina la lista dei nominativi da contattare al fine di chiedere il voto in cambio del posto di lavoro”.
D. C., invece, quale titolare e amministratore, anche di fatto, delle società oggetto d’indagine, – si legge nel decreto che dispone il giudizio – per far ottenere il voto elettorale a favore di Giuseppe Firrarello, candidato sindaco nelle amministrative del 2010, e di Vincenza Carroccio, candidata al consiglio comunale di Bronte, prometteva a Antonino Motta, Salvatore Zuriago, Giuseppe Greco e Arturo Greco e a numerosi altri elettori l’assunzione presso una delle sue aziende. I quattro sono stati rinviati a giudizio in “quanto al fine di dare il voto proprio e della propria famiglia a Firrarello accettavano la promessa di essere assunti in una delle società di D. C.”. Nel reato concorrono – secondo le ipotesi della magistratura – Scardina quale soggetto che su indicazione del Mancuso, deputato all’Ars eletto nelle file del Pdl, contattava gli elettori indicatigli da Roberto Landro al fine di promettere posti di lavoro e invitarli a riunioni elettorali con i candidati Firrarello e Carroccio al fine di discutere del posto di lavoro promesso. L’ex deputato regionale Fabio Mancuso, secondo la ricostruzione dei magistrati, si adoperava da un lato per convincere D. C. a promettere posti di lavoro e dall’altro dava indicazioni allo Scardina su come operare nel contattare gli elettori.
“Totale estraneità ai fatti contestati”- è questa la posizione di tutti gli imputati. L’avvocato Rosario Pennisi, difensore dell’imprenditore D. D. C., era stato chiaro quando al suo assistito era stato recapitato l’avviso di conclusione indagine. “Non c’è stato mai alcun contatto -aveva spiegato Pennisi a LiveSicilia – tra Firrarello e i D. C., né gli indagati sono stati mai assunti. Per questo, l’ipotesi di reato non sussiste”.
Il difensore di Fabio Mancuso, l’avvocato Francesco Messina, dice con fermezza: “E’ palese l’estraneità del mio assistito ai fatti contestati ed è quantomeno singolare che si celebri un processo in cui è assente il beneficiario del presunto voto di scambio”.