Lumia e Alfano in cella da Binnu | Scoppia la polemica sulla visita - Live Sicilia

Lumia e Alfano in cella da Binnu | Scoppia la polemica sulla visita

Sonia Alfano e Giuseppe Lumia in carcere dai boss, anche da Provenzano, per favorire la collaborazione. E scoppia la polemica.

Stop del ministro Severino al tour delle carceri compiuto da Giuseppe Lumia e Sonia Alfano che sta generando una vasta scia di polemiche. Ad innescare il caso ci ha pensato dalle sue colonne il “Corriere della Sera”, raccontando di come il parlamentare dell’Idv, Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, morto per mano mafiosa nel ’93 ed il Pd Giuseppe Lumia, ex presidente, ora componente, della commissione parlamentare antimafia abbiano condotto una vera e propria tournée delle carceri italiane che ha fatto tappa da boss del calibro di Provenzano, del casalese Bidognetti e dei siciliani Graviano e Cinà. Durante gli incontri i due esponenti politici hanno tentato di spingere i loro interlocutori a parlare con i magistrati. Con discussioni nella lingua madre, il siciliano, con gli slogan “un uomo con la schiena diritta sta con lo Stato e la legge dello Stato”: così avrebbe detto Lumia a “Binnu” Provenzano, più preoccupato, in verità di interloquire con i propri figli che con gli inquirenti.

Scarsi sarebbero stati i risultati ottenuti dai colloqui effettuati dalla coppia di politici che ha collezionato “non ricordo” e dichiarazioni di innocenza, come nel caso di Nino Cinà, balzato alle cronache come il medico della mafia. Puntuali dunque sono giunte le polemiche e le contestazioni da più parti. I rappresentanti di organismi elettivi, infatti, sono sì autorizzati a colloquiare con detenuti, ma esclusivamente al fine di verificare le condizioni della carcerazione e delle carceri. Il ministro della Giustizia Paola Severino, verificato che le relazioni di servizio nelle quali si segnalavano le peculiarità dei colloqui fossero state trasmesse all’autorità giudiziaria competente, ha richiamato Lumia e la Alfano. Sollecitando l’interruzione degli incontri “qualora travalichino i limiti e si trasformino in colloqui su procedimenti in corso”. Meno diplomatiche, tuttavia sono state le reazioni di altri deputati. “I parlamentari – ha dichiarato in una nota il deputato del Pdl Maurizio Paniz – Giuseppe Lumia e Sonia Alfano si infilano nelle maglie della delinquenza peggiore, per captare un accondiscendete appoggio alla logica del più abbietto pentitismo così violando la norma che consente al parlamentare l’accesso in carcere al solo fine di controllare le condizioni di vita dei reclusi e cercando di impadronirsi di quel diritto a saggiare la volontà collaborazionistica da dei delinquenti di mafia che spetta solo ai magistrati o alle forze di polizia”. “La gravità della vicenda che ha visto due parlamentari proporsi nel ruolo di evangelizzatori di giustizia ‘in partibus infidelium’ è di una gravità senza precedenti – ha aggiunto il capogruppo Pdl alla Camera Osvaldo Napoli – Siamo di fronte a un salto di qualità nella manipolazione politica della giustizia, Il ministro Severino deve fare subito chiarezza sulla vicenda”.

Le repliche degli interessati, Sonia Alfano
Sonia Alfano ribadisce che continuerà le visite alle carceri che svolge da oltre tre anni. “Fanno bene ad aver paura – ha detto la Alfano – di quelli che definiscono i miei tour in carcere. La prova di questi timori è che qualcuno ha fornito al giornalista del Corriere le trascrizioni e questo è ,in Italia, ancora un reato. Chiedo alla magistratura di intervenire e chiarire”.

Parla Giuseppe Lumia
“E’ incredibile: avere richiamato la legge dello Stato sulla collaborazione di giustizia, ripeto una legge dello Stato, getta nel panico molti esponenti del centrodestra – dice dal canto suo Giuseppe Lumia -. Chi ha paura della collaborazione di Provenzano? Meglio la più terribile e amara verità che l’omertà e il silenzio. Non mi sfugge che queste reazioni espongono noi e i nostri cari. Sono un condannato a morte di Cosa nostra e so che in questa battaglia bisogna essere pronti a tutto. Nessuno mi fermerà, andremo avanti rispettando le regole. Non mi lascerò intimidire”

Il comunicato congiunto
“La sortita del giornalista Bianconi di oggi rappresenta una grave rivelazione di segreto d’ufficio, evidentemente propagata da qualche apparato istituzionale. Auspichiamo che l’Autorità giudiziaria si attivi per risalire ai pubblici ufficiali che hanno fornito al giornalista del Corriere della Sera la notizia e il contenuto dei colloqui effettuati presso il carcere di Parma nell’esercizio delle nostre prerogative parlamentari con alcuni detenuti, tra i quali il boss Bernardo Provenzano. Vorremmo sapere qual è l’obiettivo di questa operazione, oltre a quello di mettere in pericolo le nostre vite. Forse l’obiettivo è quello di dire ai boss mafiosi, a partire da Provenzano, che non devono fidarsi dello Stato e che deve essere esclusa ogni ipotesi di collabozione con la giustizia?”.

“Le trattative le hanno fatte e temo continuino a farle altri. Noi – sottolineano Sonia Alfano e Beppe Lumia – abbiamo solo rappresentato ai boss che l’unica alternativa offerta dalle leggi dello Stato è la collaborazione con la giustizia. Comprendiamo che questa linea risulta indigesta ai compagni di partito di Dell’Utri come Quagliariello e Cicchitto, o a chi, indispettito per il coinvolgimento di certi intoccabili nelle indagini sulla trattativa Stato-Mafia della Procura di Palermo, si è adoperato per la fuga di notizie di oggi. E’ fin troppo evidente, a questo punto, che qualcuno in questo Paese non vuole la verità e continua ad adoperarsi, in una trattativa che evidentemente prosegue ancora oggi, per impedirne, in ogni modo, il raggiungimento. Eppure l’impegno per la verità da parte di ogni rappresentante istituzionale dovrebbe essere un dovere primario nei confronti di tutti i cittadini e soprattutto dei familiari di tutte le vittime del biennio stragista 1992-93. Da questo non abbiamo intenzione di recedere”.

L’avvocato di Provenzano
Intanto la polemica si allarga ed intervengono anche gli altri protagonisti della vicenda, i reclusi. È il legale di Bernardo Provenzano a farsi avanti.  “I parlamentari – ha dichiarato Rosalba Di Gregorio, avvocato del corleonese – compresi Lumia ed Alfano, possono entrare nelle carceri solo per verificare le condizioni di detenzione. Leggo sulla stampa, che, invece, sono andati per ‘far pentire’ alcuni detenuti e, fra questi, Bernardo Provenzano. Vorrei sapere se hanno verificato le condizioni, anche di salute psico-fisica del detenuto, perché al carcere di Parma non sono stati interrotti colloqui che di norma rientrano fra le loro spettanze e se sono stati informati i presidenti dei rispettivi Organi elettivi di appartenenza dei due parlamentari”. Ma l’avvocato non si ferma a commentare l’operato di Lumia ed Alfano, ne ha anche per i magistrati di Palermo, rei, a suo dire, di aver  sentito il boss senza la presenza di un avvocato di fiducia o d’ufficio. “Se non era un colloquio investigativo – ha concluso l’avvocato – ma un interrogatorio, allora la presenza del difensore è irrinunciabile, perché è la garanzia dell’ordinamento per la legittimità dell’atto che si compie”.

Cicchitto: “Severino intervenga o sarà barbarie”
Un commento arriva anche dal Capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. “Immaginiamo cosa avrebbe detto il dottor Ingroia se qualche parlamentare del Pdl fosse andato a trovare Ciancimino jr, la nota icona dell’antimafia, in carcere per interloquire sui suoi pentimenti; invece è evidente che nel caso nostro prevalgono ragioni di solidarietà politica, con i due parlamentari di sinistra”. Secondo il parlamentare “se dopo l’incredibile caso Lumia-Alfano non c’é un intervento netto da parte del ministero di Grazia e Giustizia, del Dap e della stessa magistratura, allora è possibile che si faccia un passo ulteriore verso la barbarie”. “Si darebbe libero sfogo – ipotizza Cicchitto – a parlamentari inquirenti sguinzagliati per le carceri a sollecitare e orientare pentiti e pentimenti. Alfano e Lumia stanno lavorando dunque perché ci siano i pentiti di partito che evidentemente troverebbero sponda in magistrati politici come Ingroia”. “A quel punto il cerchio sarebbe chiuso nella più totale violazione della legge attuale ma anche con la distruzione pressoché totale di ciò che rimane ancora in piedi dello stato di diritto” conclude Cicchitto.


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