PALERMO – La Corte dei Conti ha condannato 17 deputati regionali in carica tra il 2005 e il 2006 per il cosiddetto “scandalo Sise”, ovvero le assunzioni nel servizio del 118. La sentenza, emessa dalla sezione Giurisdizionale di Appello, ribalta quanto deciso in primo grado, dove i politici erano stati assolti. Condannati in 17, tra cui diversi componenti della Giunta Cuffaro, oltre allo stesso ex governatore. Questi gli ex assessori condannati: Innocenzo Leontini, Carmelo Lo Monte, Antonio D’Aquino, Francesco Scoma, Francesco Cascio, Fabio Granata, Michele Cimino, Mario Parlavecchio, Giovanni Pistorio. Condannati anche i componenti dell’allora commissione Sanità dell’Ars: Santi Formica, Nino Dina, Giuseppe Basile, David Costa, Giuseppe Arcidiacono, Giancarlo Confalone, Angelo Stefano Moschetto. I politici sono stati condannati a risarcire poco meno di 12 milioni e 500mila euro.
La Procura regionale della Corte dei conti ha contestato loro di “aver causato un danno erariale, solo per il biennio 2006-2008, di 37 milioni di euro”, derivante dal “potenziamento arbitrario del servizio di emergenza ed urgenza 118”, all’epoca gestito dalla Sise, società interamente partecipata dalla Croce rossa italiana, a cui la Regione Siciliana aveva affidato mediante convenzione il servizio.
Le indagini hanno accertato che in prossimità delle elezioni regionali del 2006, “senza alcuna preventiva verifica di utilità ed economicità”, e nonostante fosse stata prevista per legge la non prorogabilità della convenzione oltre il 31 dicembre 2005, il presidente della Regione, gli assessori regionali e i deputati,”avevano disposto sia il potenziamento del numero delle ambulanze, quasi raddoppiandolo (da 167 a 280), sia la diminuzione, da 36 a 30, del monte ore settimanale del personale già in servizio”. Tutto ciò, secondo i magistrati contabili causando “un conseguente incremento esponenziale del fabbisogno del personale che ha consentito l’assunzione diretta di circa tremila persone individuate nel bacino del precariato di settore”.
L’Ars, ritenendo le proprie prerogative costituzionali pregiudicate, aveva negato ai magistrati contabili la documentazione richiesta, ma una sentenza della Corte costituzionale aveva stabilito l’invio del carteggio stabilendo “la piena legittimità” delle richieste del Procuratore regionale Guido Carlino e del Pubblico ministero Gianluca Albo, titolari dell’inchiesta.
Le condanne.
La Procura della Corte dei Conti, così, ha inflitto pene pesanti ai 17 politici. Per tredici di loro, si tratta di un risarcimento danni di 729.877,88 euro ciascuno. Questa la pena inflitta a Totò Cuffaro, Francesco Cascio, Antonio D’Aquino, Mario Parlavecchio, Giovanni Pistorio, Francesco Scoma, Giuseppe Arcidiacono, Giuseppe Basile, Giancarlo Confalone, David Costa, Nino Dina, Santi Formica, Angelo Stefano Moschetto. Un po’ più bassa la cifra contestata ad altri quattro politici: 598.612,38 per ciascuno di loro. Questo il risarcimento richiesto a Michele Cimino, Fabio Granata, Innocenzo Leontini e Carmelo Lo Monte.