La strage Borsellino, parla Arcangioli | "Da otto anni vivo un incubo" - Live Sicilia

La strage Borsellino, parla Arcangioli | “Da otto anni vivo un incubo”

Giovanni Arcangioli, in una foto d'archivio

Il colonnello dei carabinieri, precedentemente indagato e poi prosciolto per il furto dell'agenda rossa del giudice, depone al processo per la strage di via D'Amelio. Visibilmente provato e scosso, ha raccontato i primi attimi in cui arrivò sul luogo della strage.

Il processo di caltanissetta
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CALTANISSETTA – “Da 8 anni vivo un incubo. Sono distrutto dentro. Non so cosa ho fatto per meritarlo. E’ distrutta la mia famiglia. E’ stato distrutto il mio lavoro”. Comincia così la deposizione del colonnello Giovanni Arcangioli, l’ufficiale dell’Arma citato al processo per la strage di via D’Amelio e precedentemente indagato per il furto dell’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino. Il colonnello, all’epoca in servizio al nucleo operativo, è stato, però, prosciolto. Arcangioli, visibilmente provato e scosso, sta raccontando i primi attimi in cui arrivò in via D’Amelio. Al processo sono imputati i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Enzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.

“Solo al ricordo di ciò che vidi mi viene la pelle d’oca – racconta Arcangioli riguardo al giorno della strage -. C’era l’apocalisse. Era uno scenario di guerra. Non dimenticherò l’odore, la distruzione. Vidi i resti del procuratore Borsellino”. Poi,l interrogato sulla borsa del magistrato, risponde: “Non ricordo come e perché avessi la borsa del giudice Borsellino, né che fine abbia fatto”. Una risposta data al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari che gli ha mostrato una foto che lo ritrae con la valigetta del magistrato da cui scomparve il diario. L’allora capitano venne immortalato mentre si allontanava con la borsa dopo l’attentato. La valigetta venne ritrovata poi vuota nell’ auto del giudice. Il teste, molto teso e provato, ha più volte detto di non ricordare i fatti e di temere di essere nuovamente indagato.

“Nella borsa di Borsellino – ha aggiunto – non c’era nulla di rilevante se non un crest dei carabinieri. Vi guardai dentro, forse insieme al giudice Ayala. E’ proprio perché non vi avevo trovato nulla di interessante investigativamente che non ricordo cosa feci della borsa dopo”. Secondo gli investigatori, dentro la borsa il magistrato teneva l’agenda sui cui scriveva i suoi appunti e che non è mai stata ritrovata. La borsa, invece, dopo essere stata presa da Arcangioli fu ritrovata vuota nell’auto del giudice. Qualcuno quindi la rimise in macchina. “All’inizio – ha aggiunto – pensavo che dell’inchiesta sull’eccidio ci saremmo occupati noi carabinieri, in particolare il Ros, poi seppi che invece l’avrebbe seguita la polizia”.


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