L'avvocato e l'alibi al marito in cella| Corto circuito al Palazzo di giustizia - Live Sicilia

L’avvocato e l’alibi al marito in cella| Corto circuito al Palazzo di giustizia

Protagonista è Lorenza Guttadauro, nipote di Messina Denaro. Il suo cliente, e marito, è Luca Bellomo, arrestato con l'accusa di essere l'ambasciatore del latitante. Secondo il giudice, va garantito il diritto di difesa. Il pm invia gli atti all'ordine degli avvocati di Palermo.

PALERMO – Il legale può continuare ad assistere il marito. Si è rischiato il corto circuito, ma il caso si sposta sul piano disciplinare. Perché di caso si tratta.

Protagonista, infatti, è Lorenza Guttadauro, nipote di Matteo Messina Denaro. Il suo cliente, e marito, è Luca Bellomo, finito in carcere con l’accusa di essere l’ultimo ambasciatore del padrino latitante. Per la verità di clienti-parenti la Guttadauro ne difende altri due: la zia Anna Patrizia, sorella di Messina Denaro, e il fratello Francesco, arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di essere il braccio operativo del capomafia. Francesco Guttadauro è al 41 bis come il padre Filippo, accusato di essere uno dei postini di Bernardo Provenzano.

Il pubblico ministero Maurizio Agnello, che coordina le indagini assieme all’aggiunto Teresa Principato e al sostituto Carlo Marzella, avrebbe deciso di trasmettere l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Nicola Aiello al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Palermo a cui la Guttadauro è iscritta.

Il Gip ha respinto l’istanza di incompatibilità della Guttadauro avanzata dal pm – “Non può difendere il marito” – ma non è stato tenero nei confronti del legale di Bellomo, che si è avvalso della facoltà di non rispondere. Vietarle di assistere il marito, sostiene il giudice, avrebbe violato il diritto di difesa che, Costituzione e codice di procedura penale alla mano, consente ad un’indagato di nominare due avvocati. La conseguenza sarebbe stata la nullità dell’interrogatorio di garanzia. Una decisione inevitabile quella del giudice, anche di fronte al rischio, sollevato dal pm, che la veste di legale potrebbe consentire alla donna di avere più colloqui con il marito e di scambiarsi documenti senza alcun controllo. Secondo il pubblico ministero, infatti, la condotta dell’avvocatessa si inquadrerebbe nel favoreggiamento, ma non è punibile solo perché commessa da un familiare. Da qui la decisione di porre la questione alla valutazione dell’Ordine degli avvocati di Palermo. A cui si chiede, in sostanza, di intervenire in una situazione imbarazzante.

L’ipotesi di favoreggiamento, secondo l’accusa, si manifesterebbe nella preoccupazione della Guttadauro “di garantire un alibi coerente al marito, attraverso le proprie conversazioni telefoniche”. Il riferimento è alla rapina messa a segno il 4 novembre 2013 ai danni del deposito Tnt di Campobello di Mazara. Un reato contestato anche a Bellomo che quella notte non rincasò. Contattata dalla madre Rosalia Messina Denaro, all’indomani mattina, la Guttadauro spiegava che il marito “questa notte dico, si è lamentato, si è risvegliato” tirando in ballo problemi di salute, tanto che la madre aggiungeva: “… ma che cosa è potuto essere dal momento, che già tutte le cose che gli hanno fatto e bene o male non c’era nulla, bo”. E l’avvocatessa aggiungeva: “Io naturalmente mi sono alzata tipo, in diversi orari, tipo, magari, però insomma la salute è la prima cosa…”.

Abbiamo cercato la Guttadauro per raccogliere il suo punto di vista, ma non siamo riusciti a contattarla né al cellulare né al numero dello studio che ha sede in via Benedetto Marcello, allo stesso indirizzo dove martedì sono andati ad arrestare il marito.

Intanto si sono svolti gli interrogatori di alcuni dei sedici arrestati del blitz dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani. Si va da Luciano Pasini, il presunto basista della rapina, che si è detto quasi indirettamente costretto ad assecondare la banda non appena ha saputo che di mezzo c’era un parente di Messina Denaro, all’interrogatorio del consigliere comunale di Castelvetrano, Calogero Giambalvo, che ha negato ogni accusa e si è cucito addosso l’etichetta di millantatore. Non è vero che ha incontrato Messina Denaro – era lui stesso a raccontarlo ad un altro consigliere senza sapere di essere intercettato – e ha negato il pestaggio ai danni di un pregiudicato che si era macchiato di un furto in casa dei parenti di Messina Denaro.

 


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