Dall'elemosina al boss ai diamanti | La doppia faccia di Cosa nostra - Live Sicilia

Dall’elemosina al boss ai diamanti | La doppia faccia di Cosa nostra

C'è una mafia che arranca e una che sguazza nel danaro. Le intercettazioni svelano i retroscena dei clan: dai 50 euro che Pino Faraone, il consigliere comunale di Palermo in manette per tentata estorsione, dava all'amico boss al reticolo di imprese organizzato per i grandi affari.

PALERMO – C’è una mafia che arranca e una che sguazza nel danaro. Ci sono mafiosi che devono accontentarsi degli spiccioli e altri che fanno la bella vita. Ci sono boss costretti per campare a raccogliere manciate di euro dagli ambulanti abusivi e altri che investono montagne di piccioli sporchi nel mercato dei diamanti. Le intercettazioni dell’ultimo blitz antimafia fra Resuttana e San Lorenzo ci consegnano la radiografia di una Cosa nostra degli opposti.

La cifra delle grosse difficoltà economiche di una parte di Cosa nostra sta nei 50 euro che Francesco D’Alessandro elemosinava al telefono parlando con l’amico Pino Faraone. Tutto registrato dalle cimici. Non l’ultimo dei boss, ma colui che per un periodo avrebbe guidato il potente mandamento di San Lorenzo. Un pezzo da novanta che chiedeva aiuto al consigliere comunale finito in manette per tentata estorsione.

“Purtroppo io sto male, un piccolo incidente di percorso – diceva D’Alessandro – sono dentro, perché mi sono arrivati quattro mesi e sono dentro come un cornuto…”. Faraone aveva capito quale fosse il suo problema: “Ah, quattro mesi ai domiciliari ti hanno dato?”. È vero, prima che su D’Alessandro si abbattessero le nuove accuse che lo avrebbero portato in cella nel giugno scorso, gli era stato notificato l’ordine di trascorrere alcuni mesi agli arresti domiciliari per finire di scontare una vecchia condanna diventata definitiva.

E partì la richiesta di aiuto: “Peppino passi da quella della frutta e verdura e ci lasci qualche cinquanta euro, va bene Peppino?”. “Ok”, rispondeva Faraone pronto ad aiutare l’amico a cui non troppo tempo prima aveva sentito la necessità di fare sapere che “stamattina sono andato in caserma, hanno proclamato gli eletti, tutto a posto”. Era il 2012 e Faraone diventava consigliere comunale di Palermo.

Cinquanta euro, roba da sopravvivenza. Eppure, non lontano da San Lorenzo, nella borgata dell’Arenella, c’era chi organizzava grossi affari. Le carte su cui si regge il recente blitz di carabinieri, finanzieri e poliziotti ci raccontano l’altra faccia della mafia. Quella capace, a detta di Lorenzo Flauto, di raccogliere così tanti soldi che “…non si contano…”. Nell’inchiesta Apocalisse 2 Flauto viene inquadrato nella schiera dei picciotti del racket. Evidentemente conosceva bene le ricchezze del clan e la capacità di creare un reticolo di imprese. Scovarlo è il nuovo, e forse il vero, rompicapo degli investigatori: chi deteneva la cassa aveva la forza economica per pagare, diceva Flauto, “…dieci…quindici picciotti…tutti stipendiati…hai capito?”, e farli partecipare agli affari dei diamanti e delle costruzioni: “…sono qualche…trenta…quaranta ditte…sono di loro…trattano i diamanti…questo…quello…gioiellerie…”. Si parlava pure di grossi cantieri, perché la costruzione di “un ponte” rappresenta un grande appalto.

Chi sono i registi degli investimenti appena accennati da Flauto, uomo alle dipendenze di Filippo Matassa e Gregorio Palazzotto, entrambi al 41 bis? Probabilmente i pubblici ministeri lo avranno già chiesto a Vito Galatolo, boss dell’Acquasanta e oggi pentito, che in quella fetta di città che si affaccia sul mare poteva fare la voce grossa. L’attendibilità di Galatolo passa dai segreti economici che saprà e vorrà chiarire ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Lui è uno dei rampolli delle famiglie d’oro di Cosa nostra. I Galatolo, i Madonia, i Graziano hanno sempre fatto girare i soldi. Miliardi di lire prima, milioni di euro oggi. Niente a che vedere con gli spiccioli che qualcun altro raccoglieva dagli ambulanti delle bancarelle fra i casermoni dello Zen. Tre euro a settimana. Il pizzo camuffato da offerta per organizzare la festa di Sant’Antonino. Gli spiccioli di Cosa nostra per sfamare una pletora di picciotti che vive all’ombra di chi continua a fare soldi a palate.

 


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