Il magazzino dell'orrore| "Lì hanno ucciso Davide" - Live Sicilia

Il magazzino dell’orrore| “Lì hanno ucciso Davide”

Davide Romano e il magazzino degli orrori al Capo

Mafia, omicidi e segreti. Un collaboratore svela i macabri dettagli di un'esecuzione.

PALERMO – Che macabra coincidenza. Il magazzino dell’orrore si trova in via Scippateste, ad una manciata di metri dal nuovo Palazzo di giustizia, nel cuore del rione Capo. Il magazzino è stato murato. All’interno resteranno confinate per sempre immagini di sangue e morte. Un pentito ha evitato che diventassero segreti.

È il luogo dove è stato ammazzato Davide Romano. Piangeva, il picciotto del Borgo vecchio. Implorava pietà. Una pietà che non arrivò. Prima lo picchiarono e poi lo uccisero con un colpo di pistola alla nuca. Non erano ancora soddisfatti: caricarono il corpo nel bagagliaio di una Fiat Uno, nudo e legato mani e piedi. Infine, lo abbandonarono in via Michele Titone, una strada residenziale nella zona di corso Calatafimi. Doveva essere un monito per tutti gli indisciplinati.

Il pentito che svela i segreti è Francesco Chiarello. Finora era emerso che quel magazzino era stato il luogo delle torture. Ora si sa che è lì che Romano fu convocato e ucciso. Chiarello era presente. “Eravamo amici”, aveva detto ai pubblici ministeri, parlando della vittima. Provò ad evitare il peggio. Era contrario al delitto, ma non poteva opporsi. Gli ordini superiori andavano rispettati. Non tutti i tasselli investigativi sono stati, però, messi a posto. Ci sono ancora dei buchi neri nella ricostruzione e nei ruoli di chi avrebbe partecipato al delitto.

Così come non è dato sapere se l’arma che uccise Romano sia una di quelle fatte ritrovare nei mesi scorsi dal pentito. Sono tre pistole, una calibro 7.65, una calibro 9 a canna corta e una a tamburo. Tutte hanno la matricola abrasa. Su indicazione del pentito i carabinieri le scovarono sotto terra, in un anfratto scavato nel pavimento di un magazzino.

Così come si sta ancora lavorando per incrociare le dichiarazioni di Chiarello con quello di un altro collaboratore, Vito Galatolo dell’Acquasanta. Le sue sono informazioni de relato. Ha detto di avere saputo da un amico bene informato anche il nome del presunto mandante ed esecutore del delitto: “Lo zio Pietro è stato, Calogero Lo Presti”, ha spiegato. Calogero Lo Presti era il boss che guidava il mandamento di Porta Nuova. Nel 2011, anno dell’omicidio Romano, finì in cella in un blitz antimafia dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo. La vittima, ha messo a verbale Galatolo, era entrato in contrasto con lo Presti perché “comprava la droga fuori dalla borgata”. Litigavano pure “per il prezzo della droga ed aveva risposto male a Lo Presti”.

 


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