Operazione Nerone, estorsioni e | intercettazioni: "Lo faccio affettare" - Live Sicilia

Operazione Nerone, estorsioni e | intercettazioni: “Lo faccio affettare”

I due amanti di Zafferana Etnea, Lucio Patanè e Ida Musumeci, raggiunti da misura cautelare, sono accusati di tentata estorsione e danneggiamento.

CATANIA. Erano stati gli stessi concittadini di Lucio Patanè, raggiunto mercoledì scorso da ordinanza di custodia cautelare in carcere per tentata estorsione e danneggiamento aggravati, a soprannominare il 43enne di Zafferana Etnea con l’appellativo di “Nerone”. Chiaro il riferimento all’uso distruttivo del fuoco. L’uomo, lo hanno poi confermato le risultanze investigative dei carabinieri dell’Aliquota Operativa della Compagnia di Giarre, era sospettato di essere l’autore di alcuni gravi episodi incendiari, ma non solo, che avevano scosso il piccolo comune pedemontano. La mente però, secondo il sostituto procuratore di Catania Fabrizio Aliotta, sarebbe stata la 30enne Ida Musumeci, l’amante di Patanè, raggiunta da misura di custodia cautelare ai domiciliari poiché ritenuta la mandante. Ad incastrarli una serie di intercettazioni captate all’indomani dell’indagine avviata dopo la denuncia sporta, nel febbraio dello scorso anno, dal titolare di un’azienda agricola di Zafferana Etnea, i cui locali, che avrebbero dovuto aprire di lì a poco, erano stati gravemente danneggiati e vandalizzati. Danni che oscillavano tra i 40mila ed i 50mila euro. Per la Procura di Catania ad armare la mano di Lucio Patanè sarebbe stata proprio Ida Musumeci, venditrice ambulante di prodotti tipici locali, che non vedeva di buon occhio l’apertura, a pochi metri dalla propria attività, del nuovo grande punto vendita.

LE INTERCETTAZIONI. Il risentimento nei confronti dell’imprenditore viene palesato dall’indagata nel corso di una conversazione telefonica con un amico.

Musumeci Ida: “lui deve stare attento…perché lui buscherà una gran mangiata di corpa, di quelle mai prese! Gliele darò io stessa”…

Nel corso di un altro colloquio, captato dai militari dell’Arma, la sorella dell’indagata accusa Patanè di aver fatto precipitare la situazione con le sue azioni violente, causando non pochi danni all’attività dell’intera famiglia.

L: “Uno…non si fa così, Ida!”

Ida: “ma ora la colpa la stai dando a me?”

L: “Un poco anche Ida! Perché non ha saputo smuovere niente (riferendosi al Patanè). Ci ha gettato solo nei guai! Ci ha inguaiato ancora più assai! Quella è una cosa, quella è un’altra cosa, va bene! Ma ci ha inguaiato ancora più assai, Ida!”

Ida: “Uhm!”

L: “Si! Sarà un bravo ragazzo, non lo metto in dubbio, ma per questa cosa, lui mani non gliene doveva mettere…E’ venuto a fare danno qua sopra! Carabinieri e cose! Ci siamo inguaiate di più!”.

Ma ad inchiodare alle proprie responsabilità i due amanti sono i colloqui intercettati dopo il rinvenimento di un biglietto anonimo accusatorio, sul parabrezza dell’auto di Ida Musumeci. Nel tentativo di individuarne l’autore, la donna commenta l’episodio con un amico. E’ quest’ultimo ad interrogarsi su chi potesse essere a conoscenza che era stata la donna ad inviare Lucio Patanè a danneggiare i locali dell’imprenditore. L’indagata non lo smentisce.

L: “Ah questo qua è! Lo hai preso già! Basta! Non andare avanti! Lo hai preso! Ma lo hai preso perché tu devi collegare chi sapeva questa storia! Questa storia…ci hai mandato…ci hai mandato a Lucio per sfasciare la casa a…chi lo poteva sapere?”

Per i due interlocutori a scrivere la lettera sarebbe stata un uomo a cui Lucio Patanè, in quel momento rinchiuso in carcere, aveva incendiato la vettura. Ida Musumeci minaccia ritorsioni. L’interlocutore le intima di stare zitta.

Musumeci Ida: “Ascolti una cosa! Io, entro lunedì, giusto, aspetto che esca questo “Cristo”. Se questo “Cristo” non esce, io salgo là sopra e lo faccio mandare a prendere! Lo faccio affettare”

L: “Ma come puoi essere così? Io con te…non ti voglio sentire più. Tu devi stare zitta! Perché a me, se le cose mi sono andate bene fino ad ora, è perché ho fatto silenzio radio! Lo hai capito sì o no? Lo hai capito sì o no che ho fatto silenzio radio e dentro non mi hanno trovato mai niente! Vediamo quante volte te lo devo dire!”.

L’uomo poi si dice pronto ad organizzare la ritorsione.

L: “…che è scritto a mano! Ora, poi un giorno lo prendiamo! Non ti preoccupare! Non ti preoccupare che un giorno, lo prendiamo e lo portiamo porco…(bestemmia) in campagna e lì lo sistemiamo a legnate e gli facciamo scrivere… e scrivi là…Gli facciamo trovare qualcuno con un cappuccio nella testa! Per questo ti ho detto…non ci andare dalle guardie! Vai a rovinare un lavoro… (bestemmia) …io non lo so! Io lo fare andare a prendere, come abbiamo fatto in passato a far trovare persone con il cappuccio là dentro”.

Per il gip di Catania Rosa Alba Recupido non ci sarebbero dubbi sui gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati.


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