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Mafia, usura ed estorsioni | Gestiva tutto la mamma del boss

Il Procuratore Zuccaro: "Solo tre vittime su nove hanno collaborato". LE INTERCETTAZIONIVIDEO DEGLI ARRESTI

Operazione Black Tie
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CATANIA. Un giro vorticoso di denaro e usura. Si esprimoni in questi termini gli inquirenti per descrivere i dettagli dell’operazione “Black Tie”, cravatta nera, che ha portato all’arresto di Concetta Salici, del figlio Gaetano Bellia, noto esponente dei Carateddi, del fratello Giovanni e della nuora (convivente del boss) Emanuela Valentina Aquilino, per la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari.  La madre del boss dei Cappello Carateddi – secondo le ipotesi investigative – gestirebbe un’imponente attività di usura sfruttando la “forza di intimidazione e il forte carisma criminale” del figlio Gaetano. Ad aiutarla il fratello Giovanni e la cognata Aquilino.

Le indagini della Squadra Mobile scattano lo scorso novembre. In pochi mesi le intercettazioni fotografano una situazione inquientante e subdola: il gruppo criminale tiene sotto scacco diverse vittime. Casalinge, operai e impiegati (insomma gente comune) che non riescono ad arrivare a fine mese che avrebbero chiesto “contanti” alla Salici. “Non deve sorprendere che le vittime siano persone comuni e non imprenditori in difficoltà” – commenta il procuratore Carmelo Zuccaro che aggiunge: “Registriamo però con disappunto che solo tre vittime su nove hanno collaborato con la magistratura. Infatti, per sei è scattata l’indagine per favoreggiamento. Questo blitz è solo la punta dell’iceberg”.

Se le vittime non pagavano in tempo la “zarina” (così la descrive il dirigente della Mobile, Antonio Salvago) non tardava a minacciare. Per questo la Procura guidata da Carmelo Zuccaro ha contestato oltre al reato di usura, anche la tentata estorsione. “Minacce esplicite” – chiarisce il pm Fabio Regolo. Le intercettazioni mostrano una donna senza scrupoli che “pretende” il pagamento preciso per i pagamenti delle rate, con “interessi di 30% al mese”.

“Questa indagine è la prosecuzione dell’inchiesta Revenge 5 che ha portato all’arresto dei fratelli Bellia” – precisa Antonio Salvago. Gaetano Bellia è infatti arrestato proprio nell’ambito di quell’operazione, “ma nonostante il carcere – spiega la pm Antonella Barrera – dalle intercettazioni si capisce che le vittime hanno ancora timore di Bellia”. “Avevamo già un dato importante: – aggiunge il dirigente della Mobile – una lettera dove si parlava di Gaetano Lo Giudice, padre del boss Sebastiano, che chiedeva la restituzione di un’ingente somma di denaro. A quel punto abbiamo ricostruito un vorticoso giro di usura che ruotava attorno alla Salice”. La lettera a cui si riferisce l’investigatore è quella della madre della convivente di Sebastiano Lo Giudice in cui si discute delle somme di denaro che Iano (oggi al 41 bis) aveva dato ai Bellia per “investirle” nel giro di usura e di cui il padre chiede la restituzione.

Già nel 2013 a casa del Bellia erano stati trovati degli assegni che la Polizia aveva sequestrato. “Uno dei nomi contenuti in quegli assegni è lo stesso di una delle persone offese che abbiamo individuato in questa indagine – spiega la pm Barrera – questo ci fa pensare che l’attività di usura sia precedente rispetto all’inizio degli accertamenti”. “Pensiamo anche che sia precedente anche al 2013” – le fa eco il magistrato Regolo.

Nel corso del blitz a casa di Concetta Salici sono stati sequestrati altri due assegni e un e un manoscritto con cifre e nominativo. Anche a casa della compagna del boss Gaetano Bellia è stato trovato un altro titolo, ora nelle mani della magistratura.

Il campo operativo del gruppo criminale non era solo Monte Po’, dove abita Bellia, e San Giovanni Galermo, dove vive la madre, ma dalle intercettazioni sono state individuate vittime anche di Picanello. Solo per citare un altro quartiere.

I nomi degli arrestati:

Concetta Salici, 62 anni;
Gaetano Bellia, 34 anni, pregiudicato e detenuto a Bicocca;
Giovanni Salici, 52 anni, pregiudicato;
Emanuela Valentina Aquilino, 29 anni finita ai domiciliari.


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