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Macchine al posto dell’uomo | Ma a noi resterà il cuore

Un'auto senza pilota investe una donna. Ma il collaudatore si sarà, quantomeno, dispiaciuto.

LEZIONE DI GRECO
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Ha molto colpito la notizia dell’auto senza pilota della società americana Uber che, durante un percorso di collaudo, ha investito ed ucciso una donna che percorreva la stessa strada in bicicletta. Ha colpito ancora di più apprendere – dai primi accertamenti sulla dinamica del tragico incidente – che la responsabilità dell’accaduto sarebbe del collaudatore a bordo dell’auto, addetto alla verifica dei sistemi di controllo anti-impatto che, distratto dall’uso del suo tablet, non avrebbe tempestivamente attivato il meccanismo di allarme previsto al sopraggiungere di un ostacolo improvviso.

Ci eravamo appena abituati a sentire parlare degli aerei senza pilota, i cosiddetti “droni”, che volano nei cieli, seppur, ancora, senza passeggeri; ci eravamo abituati, immaginando che, in fin dei conti, i “droni” viaggiano su rotte prestabilite ed immutabili, ad altitudini e velocità preordinate, teleguidati da radar capaci di “guardare” a centinaia di chilometri di distanza per vedere con congruo anticipo l’avvicinarsi di una altro mezzo in volo.

Per le automobili, pensavamo, fosse impossibile immaginarle senza conducente, mentre viaggiano nel traffico tra una moltitudine non prevedibile di fattori esterni, quali i semafori, i rallentamenti di varia natura, le code, le altre automobili che si fermano, rallentano, svoltano, fanno retromarcia ecc, ed i pedoni, spesso indisciplinati più degli automobilisti. Ed invece la tecnologia ha superato la nostra immaginazione, collaudando pure automobili senza pilota.

Allora, preso atto dell’assenza di limiti allo sviluppo tecnologico o almeno di quei limiti che fino a poco tempo sembravano insuperabili, è inevitabile domandarsi quale sia il confine dell’intelligenza artificiale e quale sarà l’esito del confronto tra la mente umana ed il computer.

Sembra, quella tra la mente umana ed il computer, una gara inesorabilmente destinata a vedere soccombere la nostra intelligenza naturale a fronte di quella artificiale. Il problema è davvero serio ed attuale, perché l’evoluzione della tecnologia ha già sostituito l’uomo in svariati ambiti in cui sembrava che “l’elemento umano” fosse insostituibile.

Nel commercio, dove i colossi dell’e-commerce vanno via via assorbendo fette sempre più grandi di mercato, provocando la quasi estinzione della figura del commerciante – piccolo imprenditore. Nei servizi, per cui oggi eseguiamo online, tramite computer, molti adempimenti che pochi anni fa svolgevamo tramite un operatore, come acquistare un biglietto per un viaggio in aereo, in treno o in nave, che prima prendevamo nelle agenzie di viaggio e oggi compriamo via internet; o acquistare un disco, per cui prima ci recavamo nei negozi di musica mentre oggi lo scarichiamo dalla rete; e ancora, persino, stipulare una polizza di assicurazioni, che oggi possiamo fare comodamente da casa o dall’ufficio, semplicemente immettendo i dati sul computer, pratica che sta portando alla chiusura di molte agenzie e sub-agenzie assicurative. E così presto, forse, potrà accadere che negli uffici pubblici non vedremo più gli impiegati, ma un computer al quale inoltrare la nostra richiesta per ricevere, in tempo reale, la risposta.

Penso però che se la nostra mente, forse, non può primeggiare nella competizione con il computer, quello che non potrà mai essere vinto è il nostro cuore, che fortunatamente le macchine non potranno mai avere, che ci guida nelle decisioni più importanti e spesso concorre alle stesse, che ci fa emozionare, immedesimare, gioire, impietosire, piangere. Perché della morte della donna in bicicletta investita dall’auto di Uber senza conducente il computer di bordo dell’auto, non avendo cuore, non sarà stato nemmeno toccato, a differenza del collaudatore distratto che, a prescindere dalla sua responsabilità, sicuramente sarà, quanto meno, enormemente dispiaciuto.

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