Santapaola, i verbali del killer |“Volevamo uccidere due Laudani” - Live Sicilia

Santapaola, i verbali del killer |“Volevamo uccidere due Laudani”

Negli atti dell’inchiesta En Plein 2 le rivelazioni di Carmelo Aldo Navarria, lo spazzino del Malpassotu.

CATANIA – Sarebbe potuta scoppiare una guerra di mafia. Una faida tra i Santapaola e i Laudani. Tre nomi, nel 2015, sarebbero stati scritti sul libro nero della famiglia di Cosa nostra catanese. I nomi sono quelli di alcuni degli indagati chiave finiti in manette la scorsa settimana nel blitz En Plein 2 che ha azzerato il potere criminale dei Morabito-Rapisarda di Paternò, alleati dei Laudani di Catania. La sentenza di condanna sarebbe stata emessa per Pippo Arcidiacono (detto tre dita), Enzo Vinciullo del gruppo Morabito di Paternò e Turi Sambataro (detto pizzudda) della squadra di Belpasso. Sullo sfondo i contrasti con l’imprenditore paternese Fortunato Caponnetto, poi strangolato, bruciato e ucciso dal killer Carmelo Aldo Navarria e dai suoi “sicari” e un debito di droga dei Laudani di Belpasso con il catanese Turi Di Venuto, detto ‘u ghiacciaru, fratello del più noto Franco, entrambi fedelissimi di Nino Santapaola.

Ed è proprio Carmelo Aldo Navarria, diventato collaboratore di giustizia lo scorso anno, a raccontare i retroscena di questo progetto di sangue che poi sarebbe sfumato grazie a vari summit che si sono svolti nel 2015. Incontri a cui hanno partecipato pezzi da novanta del clan Laudani. Perché il gruppo Morabito-Rapisarda gode di autonomia, ma quando c’è da risolvere questioni spinose i Laudani intervengono personalmente.

Nelle pagine dell’ordinanza firmata dal Gip Giuliana Sammartino c’è uno stralcio di questo verbale datato 21 settembre 2017. Carmelo Aldo Navarria, lo spazzino del Malpassotu di Belpasso, parlando del ruolo di Salvatore Sambataro, lo mette tra i Laudani “da uccidere insieme a Vinciullo e Arcidiacono”. Omicidi che dovevano servire a “punire i Laudani”. Perché ad un certo punto i paternesi si sarebbero intromessi nella vicenda di Fortunato Caponnetto, che lo ricordiamo sarebbe stato ucciso perché si sarebbe rifiutato di assumere la moglie del killer di Belpasso, Carmelo Aldo Navarria.

“Turi Di Venuto e suo fratello Franco sono fedelissimi di Nino Santapaola e ricordo che nel 2015 – racconta il pentito Navarria – dopo che Fortunato Caponnetto si era rivolto al gruppo di Paternò di Enzo Morabito, io con Francesco Santapaola e Saro Lombardo (due boss di vertice dei Santapaola di Catania, ndr), e quindi con l’appoggio del clan di Catania, avevamo deciso di dare un segnale e uccidere Pippo detto tre dita ed Enzo Vinciullo del gruppo di Morabito, e ciò perché il Morabito si era comportato in modo scorretto nella vicenda Caponnetto”.

Sarebbe stato deciso anche il nome di chi doveva fare “il lavoro”. “In tale contesto  – spiega Navarria -mi fu mandato Turi u ghiacciaru (Di Venuto, ndr) che da tempo odiava per vecchie questioni di droga Turi Sambataro, detto pizzudda, che era compare con Enzo Vinciullo, tutti del clan Laudani. Turi Di Venuto, che – aggiunge il pentito – aveva avuto l’incarico dai Santapaola di uccidere Pippo tre dita ed Enzo Vinciullo, venne da me e mi chiese appoggio e di dargli tre ragazzi per fare questi omicidi e nel contempo mi chiedeva l’autorizzazione per uccidere anche Turi detto Pizzudda”. Il catanese Di Venuto chiede l’autorizzazione a Navarria in quanto reggente della famiglia Santapaola a Belpasso.  L’uccisione sarebbe dovuta avvenire proprio in quel paese. Il “codice di mafia” prevede che non si possono commettere omicidi senza il “benestare” del reggente del territorio. Ma a volere la morte di “pizzudda” ci sarebbe stato un altro pezzo grosso del clan Santapaola. “Anche Vito Romeo voleva la sua morte”, spiega Navarria ai pm. Fortunatamente però la guerra di mafia non scoppia. Alla via del sangue si sceglie quella “diplomatica” della pax mafiosa. Il resto è deciso dalle retate.

 


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