Perché M5S e Pd|non si alleano in Sicilia? - Live Sicilia

Perché M5S e Pd|non si alleano in Sicilia?

Se uniti da obiettivi e programmi condivisi, potrebbero rappresentare una svolta.
SEMAFORO RUSSO
di
3 min di lettura

Perché in Sicilia PD e M5S non provano a costruire un’alleanza politica e programmatica stabile? Può sembrare una domanda ingenua, mi rendo conto, ma lo è? Del resto ne abbiamo viste di tutti i colori osservando gli strani matrimoni – in ultimo il governo Conte1 con l’innaturale abbraccio tra M5S e Lega prima nemici giurati – cui la politica ci ha abituato. Ne abbiamo viste di tutti i colori in Sicilia con le continue giravolte di personaggi di rilievo (presidenti di Regione pronti alle facili mutazioni della propria maggioranza per restare in sella), di altalenanti partiti interi o spaccati e i ripetuti cambi di casacca di singoli deputati regionali. Ne stiamo vedendo di tutti i colori adesso, con l’ingresso prima impensabile dei seguaci del Carroccio in salsa sicula nell’esecutivo musumeciano ormai stravvaccato decisamente a destra in chiave anti migranti e pure a causa delle simpatie per il Ventennio di tragica memoria manifestate nel passato dal neo assessore ai Beni Culturali e dallo stesso governatore. Quindi, ecco la domanda iniziale, perché considerare azzardata una maggiore coesione tra due partiti che in atto addirittura guidano l’Italia? A Roma le due forze politiche sono al governo del Paese, formano una coalizione, insieme a Italia Viva di Renzi e a Liberi e Uguali, di cui conosciamo le tensioni che rendono poco agevole il cammino del premier Giuseppe Conte. Tensioni, diciamola fino in fondo, che riflettono i contrasti interni del movimento pentastellato – vi sono anche dentro il Pd in misura minore – diviso tra l’ala del ministro degli Esteri Luigi di Maio, quella che fa capo ad Alessandro Di Battista e un’altra che auspicherebbe la leadership piena sul movimento dello stesso Conte. Torniamo in casa nostra. Perché, nonostante il percorso accidentato ma tuttora senza alternative a livello nazionale non si tenta in Sicilia, cominciando dalle prossime elezioni amministrative in diversi comuni dell’Isola, di dare vita a un progetto politico ampio, solido, in grado di candidarsi nel 2022 alla guida di una regione popolosa, complessa, alle prese con secolari emergenze mai risolte? L’intesa, è ovvio, sarebbe auspicabile innanzitutto a Roma, intanto però si potrebbe lanciare in Sicilia riconosciuta quale eterno laboratorio politico. Qualcuno potrebbe dire, ‘proprio adesso, dopo una dolorosa scissione nel M5S?’ Risposta: a maggior ragione! Mai come ora il M5S ha bisogno di uscire dalla palude delle contrapposizioni domestiche e dai veti incrociati per abbracciare finalmente un progetto politico utile a un percorso identitario e di governo. Ho voluto guardare e ascoltare, per non affidarmi ai resoconti altrui, tutta la diretta dell’esposizione all’Ars della relazione di metà mandato del presidente Nello Musumeci. Una profonda delusione, un asfittico elenco di atti amministrativi che rivela, in quanto anonimo indice di un vecchio copione, la totale mancanza di visione, di anima, di un impulso riformatore nei molteplici ambiti in cui si dovrebbero muovere coraggiosamente le istituzioni regionali. Non credo che cambierà qualcosa negli ultimi due anni e mezzo scarsi di legislatura, e nemmeno si profila all’orizzonte una similare coalizione di centrodestra più credibile. Men che meno il PD da solo potrà dare garanzie di vittoria e di rinnovamento avendo mantenuto nel tempo la medesima classe dirigente con le sue estese responsabilità. No, occorre lanciare una scommessa più ardita, un patto tra i due soggetti politici che oggi a Sala d’Ercole sono all’opposizione e che domani stesso, se uniti da obiettivi e programmi condivisi, potrebbero sorprendentemente rappresentare una svolta, stimolando la reciproca crescita e la maturazione di entrambi, fuori da logiche manichee da un lato e di Palazzo dall’altro. È davvero così folle l’idea?

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