PALERMO – Il caso delle ferie dei dipendenti regionali bloccate dal dirigente generale del dipartimento Energia Tuccio D’Urso come cartina di tornasole “di un sistema amministrativo che non va e che deve essere riformato, a partire dal comparto dirigenziale”. Alessandro Albanese, vice presidente vicario di Sicindustria e presidente degli industriali palermitani, prende le mosse dalla notizia pubblicata alcuni giorni fa su diversi quotidiani per allargare il ragionamento all’intera macchina amministrativa regionale: “La politica deve avere il coraggio di mettere mano a un dossier delicato perché il futuro delle aziende siciliane dipenderà anche dal buon funzionamento dei dipartimenti”, sostiene.
Presidente, la strigliata del dirigente D’Urso ai dipendenti regionali non è passata inosservata e ha raccolto il sostegno del governatore Musumeci.
“Nelle aziende private può capitare di chiedere ai propri dipendenti di affrontare un picco di lavoro per poi andare in ferie. D’Urso ha avuto il merito di sollevare un problema importantissimo nel settore pubblico, accendendo i riflettori su una vicenda che però non scopriamo oggi e che affonda le radici nel lontano passato. Auspico che il dibattito e l’intervento della politica non si fermi al singolo episodio”.
Di certo non è un è un problema che riguarda il solo dipartimento Energia della Regione.
“Assolutamente, ma a questo punto bisogna chiedersi cosa vorrà fare il governo per risolvere un tema che è di carattere generale. Non credo che la soluzione possa essere rappresentata dal semplice blocco delle ferie di agosto, che magari consentirà di mettere una pezza a quel caso specifico ma di certo non risolverà il problema principale. Serve un approccio metodologico diverso e qui deve scendere in campo la politica assumendosi le sue responsabilità”.
Così si passa dalle mosse di un dirigente alle strategie del governo.
“Mi rendo conto ma questa è l’occasione per portare a termine una riforma organizzata della pubblica amministrazione regionale partendo dalla dirigenza e, a seguire, dai dipendenti”.
Un disegno non semplice.
“Lo so, ma il concetto è semplice: una burocrazia lenta dipende anche e soprattutto da una errata organizzazione del personale, che tra l’altro non è neanche formato adeguatamente”.
Il campo si allarga.
“Serve una sorta di rivoluzione, e poi mi chiedo da quanto tempo non si faccia una adeguata formazione ai dipendenti della Regione. Dipendenti che vengono distribuiti senza logica, con uffici pieni di personale e dipartimenti in cui, al contrario, scarseggiano le risorse umane. Per non parlare delle premialità: non sono contrario, sia chiaro, ma non possono essere date a pioggia con obiettivi stabiliti dalle stesse persone che dovranno misurare la propria bravura. Che senso ha tutto questo?”.
Lentezza, disorganizzazione, malaburocrazia: tutto ciò si traduce in un danno per le aziende siciliane?
“Certo, e lo abbiamo calcolato: in termini di competitività e produttività c’è una incidenza del 50%. Le aziende siciliane devono lavorare il 50% in più delle realtà del nord Italia per raggiungere lo stesso risultato. E quando un’impresa del Sud viaggia a velocità differente si allarga anche divario con il Nord”.
Le esternazioni di Musumeci, intanto, puntano dritto alla linea dura verso dirigenti e dipendenti.
“Ok, ma la classe politica deve anche affrontare i problemi che solleva. Senza una riforma della pubblica amministrazione i proclami rimangono tali”.
Cosa propone allora Sicindustria?
“Personale formato e specializzato in tutti i gangli vitali della pubblica amministrazione, soprattutto nei settori più ‘caldi’ come le Attività produttive e le Infrastrutture. Attenzione, non stiamo parlando di nuove assunzioni. Basterebbe dare gli strumenti giusti a chi già lavora nella macchina amministrativa della Regione. Si tratta di un problema che va risolto subito, non possiamo più attendere. Ripeto: la politica si assuma la responsabilità di fare una mappatura precisa di chi è in grado di fare e che cosa, poi si passi alla formazione e alla distribuzione adeguata negli uffici”.
Lei parla di urgenza, eppure la lentezza burocratica della Regione non la scopriamo di certo oggi. Puntate il dito contro lo smart working negli uffici pubblici?
“Quello della Regione è un problema atavico. Non siamo contro lo smart working che in alcuni casi può anche migliorare la produttività, come abbiamo registrato alla Camera di commercio di Palermo-Enna. Qui il problema è quello di mettere le persone giuste nei posti giusti e i dirigenti non devono avere colori politici. Devono solo essere capaci e onesti”.
Qualsiasi ipotesi di riforma non può non passare dalla concertazione.
“Bene, dobbiamo lavorare tutti insieme coinvolgendo i rappresentanti dei lavoratori ai quali però voglio mandare un messaggio: prima di pensare alle ferie bisogna risolvere i problemi delle persone”.
Lei poco fa premeva molto sul fattore tempo di questa riforma, perché?
“Siamo davanti alla grande scommessa del ‘Recovery Fund e del Mes: questi strumenti saranno una panacea per gli investimenti, ma se continua così rischiamo di non essere preparati o, peggio, di spendere male quelle risorse”.
In serata la risposta dell’assessore alle Autonomie locali Bernardette Grasso ad Albanese: “Riforme avviate, ma scontiamo venti anni di ritardi”.