I morti per Coronavirus non sono numeri

I morti per il Coronavirus|e la nostra indifferenza

Quel numerino che arriva in fondo al bollettino del giorno.

E’ curioso osservare la vita in un supermercato, al tempo del Coronavirus. Come è strana ovunque, perché i nostri riti, l’espressione degli affetti e la stessa relazione umana sono stati modificati da una spaventosa necessità. Forse, però, in supermercato la differenza si coglie nettamente. Non c’è più il trasognato sostare davanti ai capperi sottaceto con lunga comparazione dei prezzi. Non ci sono più l’incontrarsi e l’abbracciarsi sotto lo sguardo refrigerato della mozzarella in busta. Non c’è più il tempo libero, intorno alla spesa, che consentiva dialoghi futili e bellissimi. Sfrecciamo sotto la mascherina, accompagnati da nostri simili che ci scrutano sospettosi. Prima dell’ingresso, studiamo la lista delle cose da acquistare e andiamo sicuri a destinazione, cercando di soffermarci il meno possibile.

E’ lo sforzo richiesto in giorni difficili e non si mostra semplice. Ogni generazione, in fondo, combatte una sua guerra e deve vincerla, questa è la nostra. La dote più importante resta il senso della realtà. Smarrirlo sarebbe pericoloso, per noi e per gli altri. Ecco l’impegno dei vivi. E i morti? Come stiamo trattando i morti? Che pensieri e quali sentimenti riserviamo, ieri come adesso, ai morti per Coronavirus, saliti, loro malgrado, alla ribalta della cronaca?

I morti sono quel numerino, in coda al bollettino quotidiano, a cui affidiamo il nostro stato d’animo. Sono i dati che veramente guardiamo. A torto o a ragione, ci interessa verificare la gravità della pandemia, non soltanto la sua diffusione. Da qui il timore accentuato per la progressione in crescita o il ‘sollievo’ inconfessabile, se i deceduti del giorno sono, a nostro giudizio, ‘pochi’. Ma che vuol dire pochi, quando una sola vita è tutto? E quanto può dirsi grande l’indifferenza che riserviamo alle vittime, declinate per numero, non per unicità.

Muoiono, certo, tante persone nel chiuso della loro esistenza e non ne sapremo nulla. Eppure, queste luci che si spengono noi le conosciamo, in forza degli eventi. Perciò dovremmo modificare il nostro atteggiamento, uscendo dalla proporzione aritmetica dell’ansia e accogliendo con partecipazione umana la notizia di biografie che terminano, ognuna, a suo modo, irripetibile. Perfino in guerra le persone non sono mai sovrapponibili come il pelato di pomodoro sullo scaffale. Quegli scaffali-corsia che ci vedono passare con fretta pandemica, sotto la mascherina. Ma siamo noi, gli esseri umani. Siamo sempre noi.


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