CATANIA – Condanna a 12 e 10 mesi per Enzo Ercolano, imputato chiave del processo Caronte arrivato allo scoglio conclusivo del processo di secondo grado. A rappresentare l’accusa sono stati i pg Miriam Cantone e Antonino Fanara (applicato).
Il rampollo della famiglia Ercolano
La Corte d’Appello ha ridotto la pena rispetto al primo grado – che era stata di oltre 15 anni – e lo ha assolto da un capo d’imputazione. Enzo – fratello dell’uomo d’onore e killer del giornalista Pippo Fava Aldo – è uno dei volti imprenditoriali della famiglia catanese di Cosa nostra. Sarebbero stati inutili gli sforzi della mamma Grazia Santapaola, sorella di Nitto, che avrebbe voluto per Vincenzo – così raccontano i pentiti – un destino diverso da quello del figlio Aldo e del marito Pippo. Lontano insomma dalle aule giudiziarie.
Ma oggi è arrivata la condanna, seppur riformata, in appello. I difensori di Enzo Ercolano, gli avvocati Francesco Antille e Valerio Spigarelli, hanno annunciato già il ricorso per Cassazione.
I fratelli Aiello
La Corte d’Appello di Catania ha escluso l’aggravante dal reato di intestazione fittizia e questo ha fatto scattare l’intervenuta prescrizione. Di conseguenza per alcuni imputati, tra cui Alfio Aiello è scattata la sentenza di non luogo a procedere. Per il fratello Enzo, ‘ministro della mafia per gli appalti del calatino, la pena è stata ridotta a 5 anni.
Gli Ercolano e i trasporti
L’inchiesta Caronte – eseguita dal Ros nel 2014- ha documentato la storia imprenditoriale e criminale della famiglia Ercolano nel campo dei trasporti e della logistica. Dall’Avimec creata dal padrino Pippo Ercolano, deceduto nel 2012, e confiscata nel 1997. Da quell’esperienza poi fu creata la Geotrans – oggi esempio positivo di azienda confiscata rimasta operativa sul mercato – che dopo il blitz della Dda finì sotto amministrazione giudiziaria. L’ultimo tassello è la società R.C.L. che avrebbe dovuto soppiantare la Geotrans finita nelle mani dello Stato. La Corte d’Appello ha emesso sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione anche per la sorella Cosima Ercolano e il cognato Concetto Di Stefano.
Assolto l’imprenditore Caruso
Hanno due destini diversi gli imprenditori Francesco Caruso e Giuseppe Scuto, finiti sotto processo perché ritenuti uomini di ‘supporto’ del rampollo della famiglia Ercolano. La Corte d’Appello ha assolto Caruso e ridotto a 7 anni la pena nei confronti di Scuto.
La sentenza d’appello, condanne e assoluzioni
La Presidente Carmen La Rosa ha letto il dispositivo nel pomeriggio. La Corte ha riformato molte pene rispetto al primo grado. Nel dettaglio la sentenza d’appello: Alfio Maria Aiello, sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, Vincenzo Aiello, 5 anni (riforma), Marco Antonio Maria Anastasi, assolto, Giovanni Benvenuto, assolto, Bernardo Cammarata,1 anni (riforma), Sergio Cannavò, 5 anni (riforma), Francesco Caruso, assolto, Concetto Palmino Di Stefano, sentenza di non luogo a procedere pre intervenuta prescrizione, Cosima Palma Ercolano, sentenza di non luogo a procedere pre intervenuta prescrizione, Vincenzo Enrico Augusto Ercolano, 12 anni e 10 mesi di reclusione e 9.70 euro di multa (riforma), Giacomo Greco, sentenza di non luogo a procedere per difetto di querela, Francesco Guardo, 10 anni e 6 mesi (riforma), Michele Guardo, 7 anni (riforma) Giuseppe Scuto, 7 anni (riforma) e Francesco Strano, sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.
Le reazioni della difesa
Arriveranno tra 90 giorni le motivazioni della sentenza, ma molti difensori già annunciano il ricorso“Ci attendevamo una sentenza ben diversa – commentano a caldo l’avvocato Francesco Antille e Valerio Spigarelli, difensori di Enzo Ercolano – perché avevamo addotto molti elementi favorevoli alla tesi difensiva. Attendiamo con rispetto la motivazione e impugneremo in Cassazione ogni singolo punto della decisione. Non c’è nulla di definitivo al momento”.
“Sono soddisfatto per la riduzione della pena perché è corretta – afferma l’avvocato Pino Napoli, difensore dell’imprenditore Scuto – ma annunciamo già ricorso in Cassazione perché a nostro avviso il reato associativo non sussiste”.
Soddisfatti il professore Giovanni Grasso e l’avvocato Andrea Gianninò, difensori dell’imprenditore Caruso: “Al di là del successo professionale, un’assoluzione piena per il reato di concorso esterno in associazione e per i reati satelliti di intestazione fittizia non può che restituire dignità e serenità al nostro assistito dopo un inter giudiziario travagliato e complesso”.
Parzialmente soddisfatto l’avvocato Maurizio Punturieri, difensore di Alfio Aiello e Bernardo Cammarata: “Mi auguravo che Aiello avesse ottenuto l’assoluzione piena rilevando l’insussistenza proprio dei fatti in contestazione ma sono contento che abbiano riconosciuto un motivo di appello sulla insussistenza della recidiva per come contestata che ha quindi fatto scattare il decorso della prescrizione.Per Cammarata ritengo che avrebbero potuto assolvere direttamente posto che la condotta contestata mi sembrava una duplicazione della condotta di Iblis, hanno però irrogato un minimo aumento per la continuazione che comunque resisteremo. In altri termini – conclude il penalista – sono contento che la sentenza sia stata riformata ma speravo che fosse una riforma più radicale. Attendiamo di leggere le motivazioni e poi vediamo”.