Il decreto porta l'impresa a chiudere ma il Tar annulla l'atto ministeriale - Live Sicilia

Il decreto porta l’impresa a chiudere ma il Tar annulla l’atto ministeriale

Il Tar del Lazio dà ragione a un'impresa siciliana

PALERMO – Fattura circa 40 milioni all’anno, vende oltre 3000 tonnellate di pneumatici e ha oltre 60 dipendenti ma, a causa di un decreto del Ministero dell’Ambiente, rischiava di chiudere. La storia emerge dalle pagine di una recente sentenza del TAR Lazio e riguarda la Olpneus, impresa siciliana, difesa dall’avvocato Massimo Petrucci dello SLP Legal Consulting, che ha ottenuto l’annullamento della parte del decreto che ne minacciava l’esistenza.

La decisione dei giudici amministrativi ha cassato il decreto ministeriale pubblicato l’8 aprile 2020 riguardante l’attività di vendita degli pneumatici. Secondo il Tar l’atto normativo viola le regole della libera concorrenza, favorendo l’oligopolio nel settore, e arriva all’“attenuazione dell’osservanza del principio di responsabilità” richiesto agli operatori per la tutela dell’ambiente.

Il legale Massimo Petrucci

La legge prevede l’obbligo, per chi immette gli pneumatici nel mercato, di occuparsi anche dello smaltimento di quelli fuori uso. Chi vende la gomma alla ditta di ricambio ha il compito di ritirare quelle che sono state sostituite. A questa stessa impresa spetta poi il compito di portare lo pneumatico fuori uso in un’industria per lo smaltimento. Il decreto ministeriale interveniva proprio su questi passaggi e obbligava tutti i soggetti che immettono sul mercato gomme per oltre 200 tonnellate all’anno a svolgere l’impresa in modo associato o a coprire l’intero territorio nazionale.

Gli esiti erano, quindi, sia di tutela ambientale che economici. Da una parte con la nuova normativa la tracciabilità dei rifiuti finiva per diventare meno stringente. Dall’altra l’impresa veniva messa di fronte a due scelte: o ridurre la vendita di pneumatici al di sotto della soglia di 200 tonnellate per anno oppure adeguarsi.

È lo stesso Tar, composto dai giudici Elena Stanizzi (presidente), Silvio Lomazzi (consigliere, estensore), Ofelia Fratamico (consigliere), che nota però i rischi del rispetto delle regole. “Continuare a operare singolarmente, con l’imposta frammentazione e delocalizzazione del servizio – si legge nella sentenza -, avrebbe richiesto e comportato, tra l’altro, la stipula di nuovi contratti, l’aumento del rischio d’impresa, l’aggravio dei costi e il conseguente aumento dei prezzi di vendita”.  Ecco perché, le norme risultanti irragionevoli e sproporzionate sono state annullate.

Soddisfazione per il risultato esprime l’avvocato Massimo Petrucci. “Riconoscendo la correttezza delle nostre argomentazioni – osserva il legale – il Tribunale amministrativo ha consentito tre effetti: ha rimosso la minaccia alla libertà d’impresa di uno dei maggiori player di tutto il Sud Italia e ha evitato che una parte dell’indotto fosse delocalizzato fuori dalla Sicilia come invece imponeva la normativa. Infine, ha ripristinato il rispetto del principio di responsabilità in armonia con la libera concorrenza altrimenti limitata dal cartello voluto dai consorzi”.

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