Il fisioterapista condannato per mafia non c'entra con la droga

Il fisioterapista condannato per mafia non c’entra con la droga

Assolto il monrealese Giovan Battista Ciulla

PALERMO – L’insospettabile fisioterapista già condannato per mafia nulla c’entra con il magazzino della droga. Il giudice per l’udienza preliminare ha assolto il monrealese Giovann Battista Ciulla.

L’avvocato Roberto Mangano

Era l’unico di quattro imputati ad avere scelto il rito abbreviato, su richiesta del suo legale, l’avvocato Roberto Mangano. Gli altri sono giudicati in un altro processo con il rito ordinario.

Nel 2014 furono trovati quasi quattro chili di marijuana in un magazzino a San Giuseppe Jato, nascosti dentro una cisterna e dentro una macchina. La droga sarebbe stata poi venduta a una raffica di pusher della provincia di Palermo.

Nella vicenda, però, secondo il giudice di primo grado, non ebbe alcun ruolo Ciulla, che pochi mesi dopo sarebbe finito in carcere in un blitz dei carabinieri che ricostruì la guerra per il potere fra i mafiosi di Monreale e quelli di San Giuseppe Jato, dove da sempre ha sede il mandamento. La reazione fu veemente. Dalle minacce accompagnate dalle teste di capretto si arrivò ai pestaggi.

Si sfidarono due fazioni: quella guidata dall’anziano Gregorio Agrigento, affiancato da Ignazio Bruno, e quella che faceva capo a Giovanni Di Lorenzo, soprannominato “la morte”, che intendeva garantire gli interessi dei vecchi capi. A cominciare da Salvatore Mulè, storico capomafia che sta scontando diciannove anni di carcere al 41 bis. Alla fine fu trovata l’intesa e la guerra evitata.

Nel frattempo, però, si decise di punire alcuni personaggi della famiglia di Monreale. Ciulla veniva accusato di avere rubato i soldi della cassa del mandamento e di avere violato il codice etico, intrattenendo una relazione con la moglie di un detenuto. E così il 25 febbraio del 2015 fu convocato un vertice in località Cozzo Pezzingoli, nella frazione di Poggio San Francesco, territorio di Monreale. Ciulla fiutò il pericolo e si diede alla fuga in un paesino in provincia di Udine.

In appello, lo scorso aprile, Ciulla è stato condannato a 9 anni e 8 mesi di carcere.


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