La fuga, il fucile si inceppa, il colpo mortale - Live Sicilia

La fuga, il fucile si inceppa, il colpo mortale

Nel 1992 si uccideva per strada, senza paura. La requisitoria del processo Thor: l'omicidio di Luigi Abate.

CATANIA – Era un pomeriggio come tanti altri. Un pomeriggio del 2 gennaio 1992. Un meccanico lavorava nella sua officina a San Cristoforo quando alle sue orecchie sono arrivati i rumori inconfondibili di spari. In quel momento ha visto Luigi Abate che fuggiva inseguito da due killer con il volto travisato e armati di fucile. Un colpo è andato a vuoto. Un sicario ha gridato: “Sei anche fortunato”. Luigi era in auto con i fratelli Carmelo e Marco, quando avevano visto gli uomini armati erano scappati in direzioni opposte. Sul luogo del delitto sono stati repertati numerosi bossoli di fucile calibro 12 e pistola calibro 7,65. 

Per quasi 30 anni non c’è mai stato un processo. Poi è arrivato Francesco Squillaci e alla sbarra sono finiti Natale Di Raimondo, Lello Quattroluni e Francesco Di Grazia. Il pentito ha raccontato che una sera di gennaio 1992 mentre si trovava al chiosco di Monte Po, ha visto “arrivare in macchina Lello Quattroluni e Francesco Di Grazia molto agitati. Di Grazia – ha spiegato il pm rivolgendosi al gup nel corso della requisitoria del processo Thor – si teneva un fazzoletto sul viso perché era graffiato, quindi aveva del sangue. I due gli avevano confidato che erano appena andati a uccidere Luigi Abate, però al momento di sparare si era inceppato il fucile, quindi la vittima aveva reagito ed erano intervenuti anche altri parenti, sino a quando non erano riusciti ad uccidere la vittima. C’era stata una colluttazione della vittima con Francesco Di Grazia che era visibilmente graffiato in viso”. 

Il pm ha continuato: “La vittima era un operaio escavatorista e l’omicidio era stato eseguito vicino al tondicello della Playa, quindi nel quartiere San Cristoforo, su ordine di Natale Di Raimondo”. 

E cosa dice l’ex boss di Monte Po su questo delitto? Abate “è stato ucciso a fucilate da Lello Quattroluni, Franco Di Grazia e da un certo “u mongulu (Giovanni Vecchio, poi ucciso – ndr)”. Sarebbe stato ucciso perché usava escavatori fuori dalla provincia e qualcuno lo aveva segnalato a Turi i Santapaola, fratello di Nitto. Di Raimondo, quindi, si è autoaccusato di essere “mandante e organizzatore”. 

Lello Quattroluni, seppur genericamente, ha ammesso le sue responsabilità su questo omicidio già in sede di interrogatorio di garanzia. 


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