Stanno per abbandonare la nave. Si capisce da tanti, più o meno infinitesimali, scricchiolii di un monolite del potere che appare in via di sgretolamento. Ieri il Partito democratico ha vissuto una lunga giornata di psicodramma. Le parole aguzze di Latorre, Lupo che si incavola e lascia un’assemblea di partito; dall’altro fronte il nervosismo stizzito di Pistorio, Cracolici che rimbecca…. I segnali appaiono chiari e convergenti. Gli uomini di Lombardo cominciano ad avere paura dell’iceberg sulla rotta di una navigazione comunque difficile. I fiancheggiatori del Titanic regionale cercano la via d’uscita di un cammino che si avvia al capolinea. Saranno i magistrati di Catania a mettere la parola fine? Non lo sappiamo. E nessuno in cuor suo può augurarselo. La realtà impone che si riconosca il dato: Lombardo cadrà per la sua inconsistenza politica. Non ha cambiato il volto della Sicilia nel senso da lui auspicato. I miracoli della sua giunta mostrano il fiatone e le piaghe, sotto la patina propagandistica che li definisce tali. La gente è in rivolta. Le elezioni non sono andate splendidamente, come si vorrebbe far credere. Gli alleati in trincea hanno due diversi guai da affrontare: Lombardo ha da sopravvivere, attitudine che è il vero epicentro della sua natura. Il Pd vuole scansarsi, intende sottrarsi al cono d’ombra della montagna, prima che frani.
Raffaele Lombardo è una vecchia volpe, con un olfatto smisurato. E ha capito perfettamente lo scenario. Le sue interviste a “Repubblica” e alla “Sicilia” sono tentativi di gonfiare il petto gravato dalle avversità. Contengono avvertimenti obliqui, come è nello stile del presidente. Ma non nascondono la paura travestita da sorriso. Il dialogo con Berlusconi, riferito dallo stesso governatore, è un sintomo ed è pure uno sbaglio di comunicazione e di sostanza, nonostante il tono forzosamente ridanciano. Solo i disperati si aggrappano a un altro che sta per annegare.