Il cielo vivido, sfumato di azzurro, blu ceruleo e pervinca, che tinge il coro della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, è solo uno dei tesori sottratti all’oblio, solo uno dei frammenti di storia che convivono all’interno della chiesa arabo-normanna, decorata da maestranze bizantine e ampliata secondo gusto barocco.
Grazie al restauro -progettato e diretto da Giovanni Di Fisco della Mediterranea Engineering- risulta adesso più leggibile non solo la decorazione pittorica ma anche il complesso percorso di rimodulazione architettonica che la chiesa ha subito nei secoli, ripercorribile nello snodo e nella sovrapposizione di superfici dipinte e musive che, come pelle del tempo, raccontano la storia della chiesa e della città.
La prima tranche dei lavori –iniziati nell’agosto del 2010- ha interessato tutta l’area del coro, del sottocoro, del cosiddetto ampliamento cinquecentesco e, all’esterno, il campanile e i prospetti barocco e normanno.
Una delle principali direttive di restauro in questa prima fase, è stato il ripristino dell’antico rapporto visivo esistente tra la navata e il coro: si è deciso infatti di rimuovere il tavolato ligneo che, addossato alla grata del coro (soluzione utilizzata per disperdere il calore in questo ambiente, dove nel secolo scorso si svolgevano i corsi prematrimoniali), obliterava completamente la vista dei dipinti murali dagli spazi della navata. Quando la chiesa sarà riaperta al culto, si potranno finalmente apprezzare gli affreschi settecenteschi attraverso il ricamo dorato della grata.
“Si tratta di un restauro completo e allo stesso tempo molto complesso, che ha messo in campo diverse metodologie operative in funzione della varietà di materiali: lavoriamo contemporaneamente al restauro strutturale, pittorico, musivo e lapideo”, spiega Di Fisco, “in tutti i casi, abbiamo seguito un criterio conservativo nel rispetto, dove era possibile, dei restauri precedenti, in particolare quello ottocentesco del Patricolo”.
Al restauro lavora l’equipe dei quattordici tecnici restauratori dell’impresa Lares di Venezia, società di diagnostica e conservazione di opere d’arte, che ha operato in cantieri come quello del Teatro La Fenice e del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, ai Musei Capitolini di Roma e Palazzo Carignano di Torino.
Protette, ammorbidite, pulite: quasi cinquecento metri quadrati di pitture murali, realizzate nel coro e nel sottocoro da Gugliemo Borremans, Gaetano Lazzara e Olivio Sozzi nel ‘700, sono state restaurate e hanno riconquistato corpo e lucentezza.
“Abbiamo protetto le pitture e le abbiamo deterse con sali quaternari di ammonio, eliminando le vernici usate nei restauri precedenti che avevano abbassato i toni dei dipinti“, spiegano i restauratori, “inoltre, in una misura del 15% di tutta la superficie pittorica, sono state integrate le lacune laddove la perdita dei valori cromatici ne aveva compromesso la leggibilità”.
Uno degli interventi strutturali più complessi, invece, è stato il consolidamento della volta del coro. “Abbiamo fatto riaderire i due strati di intonaco della volta, quello del settecento a quello del cinquecento, mediante microiniezioni localizzate di una speciale malta alleggerita -spiega l’arch. Di Fisco- e successivamente abbiamo ancorato, tramite dei tiranti, l’intera volta a un’orditura lignea supplementare”.
Il restauro lapideo
In dirittura d’arrivo anche il restauro del campanile e delle due facciate, la normanna e la barocca.
Le parti lapidee risultavano fortemente annerite dallo smog: la calcarenite ma specialmente gli ornati decorativi come i capitelli, le ghirlande, le conchiglie marmoree del portale. Per ogni elemento si è proceduto a pulitura, mediante un impacco di carbonato d’ammonio; in alcuni casi sono state rimosse le stuccature di sottofondo dei restauri precedenti, in particolare quelle eseguite a cemento.
Infine, per le parti più difficili, come i rilievi dello stemma del timpano, è stata utilizzato il laser, “una tecnica di pulitura minuziosa che elimina depositi localizzati senza danneggiare il materiale lapideo”, spiega Giovanni Di Fisco.
Restauro dei mosaici
Dopo la pausa di ferragosto, partirà il restauro dei mosaici.
In via preliminare sono state già effettuate le prime prove di pulitura e di indagine per la verifica dello stato di adesione al sottofondo. Si lavorerà alla riadesione delle tessere musive, alla pulitura di tutta la superficie e all’integrazione delle lacune.
Le parti più danneggiate, e che risultano più compromesse dalla caduta di tessere musive, sono relative ai mosaici settecenteschi, di qualità minore rispetto a quelli realizzati da maestranze bizantine in epoca normanna.