L’annuncio era nell’aria. Era appena necessario il tempo per trovare la nobile formula adatta alla bisogna. La chiosa, l’apostrofo nero nell’espressione “T’odio”. Eccola. “Circa tre mesi dopo le mie dimissioni da segretario regionale del Pid ho maturato la convinzione che anche la mia permanenza all’interno di questo stesso soggetto politico non possa più proseguire. C’é un elettorato che non è riuscito a capire e metabolizzare il senso di un traghettamento affrontato più per fede che per convinzione politica c’é un progetto politico che non si è dispiegato con chiarezza prospettica e rimane oscuro agli occhi di molti, una realtà virtuale di vertice che non è riuscita a contaminare la base del partito. Appare inesorabile la deriva verso altre formazioni politiche che finiranno per fagocitare un partito mai nato”. Nino Dina, adieu.
Lacerazioni variamente argomentate. Il Pid esprime amarezza. Ed è tutta una cascata di sorsi amari per una questione che non è solo politica, è famigliare. Ma poi, scrutando anche tra le pieghe dei commenti, si nota come in quella zona dell’anima e dei consensi sia presente e radicato il “Cuffarismo”. Lo scriviamo tra virgolette perché non ci piacciono i luoghi comuni, né lo sparo reiterato sulla tenda della Croce Rossa. Ma il “Cuffarismo” – come declinazione specifica di una vecchia pratica clientelare – è esistito davvero e sopravvive alle intemperie. Come esiste il “Lombardismo” che non è una storia passata in giudicato, né una vicenda penalmente rilevante. Tuttavia si può negare l’esistenza di un blocco di potere ritagliato sulla figura di Raffaele Lombardo, con incorporato un manuale di istruzioni per la gestione del medesimo?
Storia familiarissima, ribollente di passioni e di rancori nel Pid. Scrivono i nostri lettori: “Ti capisco, tutti e dico tutti i tuoi voti erano fieno in cascina portato da Totò Cuffaro e ora? ora che sei assieme a Lombardo quei pochi elettori che ti erano rimasti non capiranno di certo questa mossa e naturalmente non ti voteranno”. “Al contrario di quello che pensa certa gente, la scelta dell’ On. Dina non è certamente un tradimento al nostro amico Totò”. “Dina senza Cuffaro non ha più dove andare, lo sa lui e lo sanno tutti”. E via così. Comunque la leggiate, comunque valutiate i personaggi in commedia, la morale è univoca. C’è una fetta di voti e sentimenti che si richiamano sempre a Cuffaro e al “Cuffarismo”. C’è un legame amorevole che va oltre perfino il vantaggio immediato della clientela. Il capo della corda lo regge un uomo rinchiuso in carcere, con sentenza definitiva.