Stop alle bibite gassate nelle scuole. Ma la Coca Cola non ha proprio digerito il provvedimento approvato qualche giorno fa dall’Ars. Tra le norme inserite nel ddl sull’Agricoltura, che ha ricevuto l’ok da sala d’Ercole mercoledì scorso, infatti, anche uno specifico richiamo – voluto dal capogruppo del Pd, Antonello Cracolici – al contrasto all’obesità giovanile, attraverso il divieto di distribuzione delle bibite gassate nelle scuole, dove invece gli studenti potranno scegliere tra succhi di frutta e spremute di arance fresche prodotte in Sicilia.
Una legge, quella sull’Agricoltura, che prevede un intervento da circa 50 milioni di euro su uno dei settori di maggiore traino dell’economia regionale e che ha ricevuto il voto favorevole di 53 deputati sui 54 presenti. Tra i provvedimenti inseriti nella norma, anche le agevolazioni per le cooperative e le società, il credito agrario agevolato, l’istituzione del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, le agevolazioni al credito alle imprese della pesca e della filiera ittica.
Di più: la legge, si diceva, prevede quello che l’assessore Mario Centorrino ha definito un ‘suggerimento’ agli istituti scolastici siciliani. Secondo l’esponente della giunta, il divieto di somministrazione di bibite gassate si collegherebbe a due esigenze: “l’introduzione di principi di educazione alimentare e l’orientamento verso modelli di consumo che privilegino prodotti siciliani”. Insomma, una norma per salvaguardare le produzioni locali, i cui i criteri di attuazione saranno stabiliti dall’assessorato all’Istruzione e diventeranno operativi dall’anno scolastico 2012-2013. Ma la celebre multinazionale, che in Sicilia ha uno stabilimento a Catania, non riesce proprio a mandarla giù.
“È stato un attacco frontale – dice Luca Busi, amministratore delegato di Sibeg Coca Cola – soprattutto vista l’associazione che viene fatta tra le bibite gassate e l’obesità giovanile. Sembra di essere tornati agli anni ’20, al proibizionismo. Le bibite gassate incidono fino a un massimo del 5% nell’apporto calorico di un ragazzo. Ma chi ci dice se poi quel ragazzo, uscito da scuola, non va a mangiare due piatti di pasta o quattro cannoli? Quello che voglio dire è che si è sparato su un prodotto che in realtà non incide in maniera così determinante. È un provvedimento assurdo, inaccettabile. Si rischia di mettere in crisi un settore che, tra lo stabilimento etneo e l’indotto, dà lavoro a più di mille persone nell’Isola. Stiamo stati banditi – conclude Busi – come se fossimo ancora negli anni ’20”.