I militari della Guardia di Finanza del Gico di Caltanissetta e dello Scico di Roma, hanno eseguito un sequestro patrimoniale beni per un ammontare complessivo di circa 40 milioni di euro nei confronti dell’ imprenditore Antonio Padovani. Il provvedimento, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale nisseno su proposta della Direzione Distrettuale Antimafia, riguarda disponibilità finanziarie e di 15 società con sedi a Roma, Catania, Messina, Napoli, Modena e Massa, tutte operanti nel settore dei giochi e della raccolta di scommesse, oltre a beni immobili e autovetture.
Antonio Padovani, 59 anni, di Sant’Agata Li Battiati (Catania), imprenditore molto conosciuto che opera nel settore delle scommesse sportive, è ritenuto vicino al clan mafioso Madonia. L’uomo era già stato arrestato nel gennaio del 2009. Anche per questo motivo l’operazione che ha portato al sequestro di 40 milioni di euro é stata denominata in codice “Repetita iuvant”.
Il sequestro di beni all’ imprenditore Antonio Padovani, e a suoi familiari, riguarda 15 società e decine di sportelli, del settore dei giochi con noleggio di slot machines, gestione di sale da gioco, affidamento di lotterie e raccolta di scommesse anche a distanza. Dietro alcune di queste agenzie – dice la Gdf – formalmente qualificate come associazioni, si celavano vere e proprie bische clandestine dove era possibile giocare illegalmente anche elevate somme di denaro. Sono stati sequestrati disponibilità finanziarie, due ville con piscina del valore di 4 milioni di euro, auto tra cui una Ferrari F335 e oltre 40 conti correnti. Le indagini, dice la Finanza, hanno accertato che le società e gli esercizi commerciali formalmente intestati a familiari e collaboratori di Padovani sono in realtà nel pieno possesso di quest’ultimo. Padovani è stato coinvolto nell’inchiesta siciliana “Atlantide – Mercurio”, con 24 arrestati del clan gelese di Piddu Madonia, nel 2009, e che ha poi portato alla condanna di Padovani a 4 anni di reclusione in primo grado, da parte del Tribunale di Gela, e nell’indagine “Hermes” della Dda di Napoli che coinvolse l’imprenditore Renato Grasso, contiguo, dicono gli investigatori, a clan camorristici ed in particolare ai “Casalesi”.