Confessa e poi ritratta, la parabola di Ardizzone - Live Sicilia

Confessa e poi ritratta, la parabola di Ardizzone

L'assessore comunale di Palagonia arrestato per concorso in omicidio.
IL CASO GIUDIZIARIO
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PALAGONIA. “Temo per la mia incolumità, ho bisogno di parlarvi urgentemente”. Comincia tutto così. Il 15 dicembre scorso. Antonino Ardizzone, arrestato ieri con la grave accusa di concorso nell’omicidio di Francesco Calcagno del 2017, chiede ai carabinieri di essere ascoltato. E i militari organizzano in pochissime ore tutto: il giorno dopo l’assessore – ormai ex – comunale è interrogato in presenza di pm e legale e si fatto confessa “di aver aiutato – sintetizza la gip Giuseppina Montuori –  il fratello di Marco Leonardo (ucciso nel 2016) a trovare il killer che si era occupato di uccidere il bracciante agricolo e ricostruendo in maniera completa ed esaustiva la dinamica”.

Ardizzone si sarebbe rivolto ai fratelli Maira, nomi noti agli inquirenti come “esponenti mafiosi della Stidda di Canicattì” nell’agrigentino. Il giorno dopo però succede qualcosa: al pubblico ministero della Dda di Catania arriva una breve dichiarazione con cui Ardizzone ritratta, scritto in anteprima ieri su LiveSicilia. Ma ormai la frittata è fatta. Le indagini dei carabinieri sono scattate, così come il nuovo esame dei tabulati telefonici di Luigi Cassaro, il killer licatese ingaggiato per uccidere Francesco Calcagno, allo scopo di vendicare la morte del consigliere comunale Marco Leonardo, l’acquisizione dei tabulati dello stesso Ardizzone e l’avvio di diverse intercettazioni. Il 16 dicembre 2021, cioè lo stesso giorno dell’interrogatorio, i militari ascoltano la voce di un familiare di Ardizzone che “cerca in tutti i modi di convincerlo a ritrattare”. L’effetto sarebbe stato quello di rimanere isolato e solo. L’ex assessore il giorno dopo telefona al fratello della “decisione di ritrattare” pur consapevole di rischiare la galera. Previsione quanto mai rivelatasi esatta. 

Le ore seguenti sono compulsive, Ardizzone manifesta l’intento di togliersi la vita. Ma poi c’è un piano alternativo, suggerito sempre dal famigliare ‘consigliere’: procurare attestazione psichiatrica che attestasse la sua patologia e architettare un ricovero ad hoc. Ma il medico di famiglia, sentito dai carabinieri, spiegava di non mai prescritto psicofarmaci al paziente. Il giorno di Santo Stefano il 45enne sembra tentare il suicidio, ma per i sanitari “sono solo ferite superficiali”. Parallelamente i protagonisti citati nella confessione – poi ritrattata di Ardizzone – cominciavano ad avere paura di una possibile inchiesta. Un’altra previsione che si è rivelata esatta, perché come evidenziato dagli inquirenti le indagini stanno continuando per chiudere il mosaico. 


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