Tornerà nella sua città natale, Enna, da cui si era dovuto allontanare in una notte di settembre del ’92 dopo che da picciotto emergente di Cosa nostra aveva deciso di saltare il fosso. Paolo Severino 45 anni, il primo pentito di mafia di Enna, uscito dai ranghi mafiosi subito dopo l’affiliazione, è morto a causa di un infarto.
Severino con i suoi racconti e quelli del boss di San Cataldo, anch’egli pentito, Leonardo Messina, aveva alzato il velo su una provincia apparentemente immune dalla mafia che invece ha ospitato il summit – nelle campagne tra Barrafranca e Piazza Armerina – dove erano stati decisi gli omicidi di Giovanni Falcone e di Salvo Lima. Le maxi operazioni “Leopardo” e “Leopardo 2”, firmate dalla Dda nissena, portarono alla cattura di 200 persone tra cui alcuni insospettabili. Tra questi l’avvocato Raffaele Bevilacqua, vice rappresentante della famiglia mafiosa di Barrafranca, brillante consigliere provinciale nelle file democristiane, condannato lo scorso febbraio – tra l’altro – all’ergastolo per l’omicidio di un imprenditore di Valguarnera vicino alla mafia, Domenico Calcagno.
Da quel lontano ’92 Paolo Severino, sposato e separato, padre di due figli, figlio di una famiglia perbene, ad Enna non è più tornato. Viveva nascosto in qualche luogo del nord Italia sotto protezione. Già dopo la scuola superiore, che non aveva mai completato, aveva cominciato frequentazioni a rischio fino a quando era stato reclutato dalla famiglia mafiosa di Enna. La sua affiliazione era stata la conclusione di un percorso tutto in ascesa dentro la consorteria mafiosa.