Cade l’accusa di estorsione, derubricata in esercizio delle proprie ragioni. La pena inflitta agli imprenditori Salvatore e Francesco Brugnano, padre e figlio (due mesi ciascuno di carcere con la sospensione condizionale) è decisamente più mite degli 8 anni chiesti dalla Procura.
I Brugnano sono molto noti a Partinico dove gestiscono una grande stazione di servizio con distributore di carburante e bar lungo la strada statale 113.
Nell’ottobre del 2015 i Brugnano insieme ad altre persone, mai identificate, arrivarono in contrada Milioto dove c’è la stazione di servizio. Allora il bar accanto al distributore di carburanti era stato affidato in gestione alla Tiffany snc, di Antonino e Vito Termini, che si sono costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Claudio Gallina Montana. I Brugnano sono stati condannati a risarcire la parte civile con provvisionale e spese legali. Il danno definito sarà stabilito davanti al giudice civile.
I rapporti erano tesi da tempo. I Brugnano criticavano il modo di lavorare dei Termini. sostenendo di subire le critiche dei clienti senza che loro avessero responsabilità nella gestione del bar.
Volarono parole grosse (“ve ne dovete andare ora, immediatamente togliete tutti di qua o vi finisce male”) insulti e botte. La moglie di Salvatore Termini fu spintonata e cadde rovinosamente per terra. Il figlio, Antonino, sarebbe stato colpito con un pugno alla tempia. L’obiettivo, secondo l’accusa, era quello di costringere i Termini a risolvere anticipatamente il contratto di affitto di ramo d’azienda. Cosa che avvenne.
I difensori degli imputati, gli avvocati Angelo Brancato e Nicola De Gaetano, hanno contestato nel corso del processo l’accusa di estorsione. Tra le due parti esiste una controversia civilistica ancora in corso. Il tribunale presieduto da Fabrizio La Cascia ha dato loro in gran parte ragione, derubricando il reato scaturito dalle botte suite dai Termini.