‘Ma perché, tu lo sai, in questo momento, dov’è Caterina Chinnici? Io no e la voterò. Ottima persona, di qualità, ma un po’ troppo lontana dalle dinamiche serrate della campagna elettorale. E non ce lo possiamo permettere”. Mondello-Palermo, interno di un supermercato. Al noto militante, con i gradi, del Pd, infiammato dalle vicende di politica regionale, non pare vero di incontrare, casualmente, il cronista e sfogarsi. La requisitoria è appassionata. “L’abbiamo portata con noi, in giro. Aveva fretta… Ripeto: ottima persona, con una storia importantissima, ma qui ci vuole un guerriero per battere questo centrodestra che è sempre fortissimo”. Comincia così, dal carrello di un supermarket, la suggestione di una possibile tempesta perfetta del centrosinistra siciliano. Un incubo, se visto con gli occhi di quella squadra: gli altri che trionfano, alle regionali, con Renato Schifani, nonostante le loro divisioni, in un contesto, a sinistra, di recriminazione e polemica. Intanto, il vessillo di Giorgia Meloni sventola su Palazzo Chigi.
Il ‘caso Chinnici’
E’ un racconto di malumori che chiedono la privacy, perché – hai visto mai? – i bersagli di oggi potrebbero essere gli amici di domani. Però, la percezione converge. La candidatura dell’onorevole Chinnici a Palazzo d’Orleans sembra un sequel del cammino di Franco Miceli, competitor progressista, a Palermo. Anche allora si partì in vantaggio, con un centrodestra dilaniato dagli appetiti. Anche allora ci furono delle accuse ventilate, dei riflettori puntati, dei sussurri più o meno malevoli sul ‘candidato immobile’, o non abbastanza risoluto. Pareri e opinioni, si intende, però stravinse Roberto Lagalla, come sappiamo. L’election day ha compresso ulteriormente gli spazi. Il centrosinistra ha vissuto da comparsa, mentre nel centrodestra si consumava la battaglia interna che ha portato, faticosamente, al nome di Schifani. Forse, per rubare la scena, ci sarebbe voluto un ‘candidato di guerra’. Tuttavia, le vibrazioni bellicose appaiono aliene a colei che guida le truppe di chi spera in un riscatto dopo il quinquennio di Nello Musumeci.
La fiducia di Barbagallo
Anthony Barbagallo, segretario regionale dei democratici nutre fiducia. A LiveSicilia.it rilascia dichiarazioni rassicuranti per sé medesimo: “Sono fiducioso sull’alleanza con i Cinque Stelle; la Sicilia è sempre un laboratorio politico. L’election day ci ha imposto uno sforzo massiccio, in questa estate torrida, con scelte difficili. Manteniamo la barra dritta”. E sul ‘caso Chinnici’: “Abbiamo i sondaggi che la danno avanti. Cercavamo una figura equilibrata e di spessore, che rappresentasse tutti i siciliani. Lei la incarna a perfezione”. Ma non è una storia semplice, visto che deve fare i conti con la strana alchimia siciliana che vede l’armistizio con i Cinque Stelle a Palermo, gli stessi che, a Roma, sono ‘il nemico’.
La sfida per le liste
C’è poi la spinosissima questione delle liste per le elezioni politiche. Gianlivio Provenzano, militante di Partinico, ci ha consegnato una lettera indignata, con nome e cognome. Le sue parole sono nitide: “Gli stessi che la scorsa volta hanno attaccato aspramente le scelte di Renzi non hanno fatto nulla di diverso.. scelto i propri, blindati e garantiti in seggi sicuri, la Sicilia terra di conquista di un vice segretario nazionale che sconoscendo tutto della Sicilia si riscopre siciliano DOC addirittura blindandosi da capolista in ben due collegi siciliani alla Camera, mortificando storie di militanza, di impegno.. storie dirigenziali vere, istanze territoriali e singole storie personali”. Un altro ‘compagno’, sempre protetto dalla privacy, mastica amaro: “Mi pare che ci sia una grande confusione, con molti problemi. Ci sono ‘paracadutati’ che nulla hanno a che vedere con questa terra. La Sicilia è un atollo per gli esperimenti, uno scacchiere dove muovere pedine”.
Il garbo di Raciti, ma…
Nel frattempo, scrive Fausto Raciti su Facebook: “Il Partito democratico ha deciso di non ricandidarmi alle elezioni politiche. Posso fare a meno del Parlamento e soprattutto il Parlamento può fare a meno di me, ci sono esclusioni certo più significative. Continuerò la mia militanza senza farmi risucchiare dal vortice di rancori che continua a dominare i cicli politici del Partito democratico. Ho un’esperienza ricca, di cui sono profondamente grato alle persone che mi hanno accompagnato negli anni alla guida della Sinistra giovanile, dei Giovani democratici e del Partito democratico in Sicilia. Ultimo dei Mohicani, il partito mi ha permesso un percorso politico così bello senza venire da una famiglia dal cognome o dal reddito importante. Sono entrato in Parlamento a 28 anni e uscirne a 38 è un fatto fisiologico, dettato dalla mia lealtà ad un’area politica che ha espresso non di rado posizioni disallineate e da dinamiche di facile lettura per i pochi appassionati che scorreranno le liste siciliane e che stanno seguendo l’andamento della campagna delle regionali”. Un lungo post da gentiluomo, tuttavia le conseguenze politiche ci sono, eccome.
I veleni del Pd
‘”È stata appena convocata la direzione regionale del Pd siciliano: ci auguriamo che ai lavori partecipino Enrico Letta o Marco Meloni e ci vengano a spiegare come pensano di gestire la campagna elettorale in Sicilia (parliamo delle regionali) alla luce di quanto approvato ieri in direzione nazionale.” Così in un post su Facebook gli orfiniani siciliani alla luce dell’esclusione di Fausto Raciti dalle liste Pd per le politiche’. E’ un lancio dell’Ansa, ancora una volta significativo. Un bignami dei veleni che scorrono. L’appuntamento dovrebbe tenersi venerdì 19 agosto. In confronto, la celebre riunione di condominio di Fantozzi risplende già come un monumento alla concordia e alla reciproca comprensione. (Roberto Puglisi)