Palermo, la morte per una zecca e l'accusa: "Poteva salvarsi"

Palermo, la morte per una zecca e l’accusa: “Poteva salvarsi”

Secondo i periti, il decesso di una mamma di 44 anni poteva essere evitato

PALERMO – Ad ucciderla fu la rickettsiosi, ma una donna avrebbe potuto salvarsi se la diagnosi dei medici dell’ospedale Villa Sofia di Palermo fosse stata più tempestiva. E sui ritardi peserebbe l’emergenza Covid che mise sotto pressione la sanità, anche nei casi in cui non ci si trovava a fronteggiare il virus.

Sono le conclusioni a cui sono giunti i periti dalla Procura di Palermo che indaga sulla morte di una paziente di 44 anni.

Elisabetta Semprecondio arrivò in ospedale il 5 giugno 2020 e trovò la morte il 17 giugno 2020. La perizia, i cui esiti si apprendono solo oggi, fa parte del fascicolo del pubblico ministero. Sono stati i figli della donna a presentare una denuncia ai carabinieri per omicidio colposo.

La donna venne punta da una zecca al piede il 28 maggio di due anni fa mentre si trovava nel terrazzino di casa. Dopo una prima visita al pronto soccorso era stata dimessa. I periti non individuano presunte responsabilità in questa fase, ma nella successiva. A distanza di qualche giorno, infatti, le sue condizioni erano peggiorate: al gonfiore del piede si erano associate diarrea, vomito ed ecchimosi su tutto il corpo.

Erano i giorni in cui la pandemia Covid faceva paura. La donna fu isolata e sottoposta al tampone molecolare. Secondo il legale dei familiari, l’avvocato Giulio Bonanno, anche questa sarebbe stata una perdita di tempo prezioso. “Cosa c’entrava il Covid con una puntura di insetto?”, si chiede il legale.

Giunta all’ospedale Villa Sofia il 5 giugno 2020 fu disposto il trasferimento della paziente al pronto soccorso del Cervello “per esecuzione percorso Covid-19”. Qui il tampone diede esito negativo. Dagli esami venne fuori un quadro di sepsi. Dal Cervello fu inviata di nuovo a Villa Sofia “con diagnosi di sospetta appendicite acuta per valutazione chirurgica”.

Il 6 giugno 2020 il ricovero nel reparto di Medicina interna di Villa Sofia “con diagnosi di polmonite e flogosi colon destro”. Da qui passerà in Rianimazione fino al 17 giugno. Già l’11 era emersa la rickettsiosi. L’indagine sierologica lo confermerà il 17 giugno 2020, il giorno del decesso.

“Si ritiene che sussistono dei profili di responsabilità da parte dei sanitari che ebbero in cura la paziente”, dicono i periti Stefania Zerbo, Emiliano Maresi, Nello Grassi e Chiara Stassi, tutti dell’Università degli studi di Palermo.

“Una volta esclusa l’infezione da Covid 19 – scrivono i periti – l’annullamento del trasferimento presso l’ospedale Cervello, ormai non più necessario, avrebbe permesso di guadagnare tempo prezioso utile ad eseguire ulteriori indagini. A fronte di tale sintomatologia non veniva tuttavia richiesta come sarebbe stato opportuno alcuna consulenza infettivologica e angiologica – aggiungono – ma solo un’ecografia all’addome”.

“Una tempestiva diagnosi a mezzo di consulenza infettivologica e indagine sierologica – concludono i consulenti – nonché l’appropriato trattamento terapeutico tanto del quadro infettivo quanto delle sue complicanze avrebbe evitato, con elevata probabilità prossima alla certezza, l’evento morte”.


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