Resta vivo il dibattito tra i magistrati su rischi e benefici della riforma Cartabia, entrata in vigore da una decina di giorni. Procure e tribunali sono chiamate ad una sorta di ristrutturazione del lavoro in base ai dispositivi previsti dal decreto legislativo numero 150 del 2022 che rende operativi i dettami della riforma firmati dall’ex ministro della giustizia. Un lavoro che soprattutto sul fronte della giustizia penale deve tenere conto di una serie di importanti novità a cominciare dall’aumento delle fattispecie procedibili esclusivamente attraverso una querela della persona offesa.
Intanto in settimana, forse già domani, ci sarà una riunione per fare il punto sulla riforma dell’abuso d’ufficio, una delle priorità nel programma del Guardasigilli e del governo. Nordio si confronterà con il viceministro Francesco Paolo Sisto e con i sottosegretari Andrea Ostellari e Andrea Delmastro delle Vedove. Il nodo da sciogliere è se cancellare del tutto il reato, all’origine della “paura della firma” da parte degli amministratori locali o se modificarlo parzialmente. Il ministro, che vorrebbe licenziare la riforma entro fine mese, si è espresso per l’abolizione.
Nei grandi uffici giudiziari, come Roma, Milano e Napoli, i pm stanno prendendo dimestichezza con le novità legate alla Cartabia.
Secondo alcuni la riforma potrebbe portare ad una sorta di impunità per una serie di reati come ad esempio furti e borseggi che sono all’ordine del giorno in realtà in cui è massiccia la presenza di turisti. A lanciare l’allarme è Eugenio Albamonte, pm di lungo corso a Roma ed ex presidente della Anm. “La riforma – afferma – sta già avendo effetti nel lavoro delle Procure lasciando esposte le vittime, anche quelle che hanno subìto un semplice furto. A mio modo di vedere la procedibilità per alcune fattispecie può avere un impatto anche dal punto di vista sociale”.
Il segretario di Area prende ad esempio proprio la realtà della Capitale, affollata di turisti 12 mesi all’anno. “Qui ogni giorno si consumano tantissimi furti ai danni di chi è in città per vacanze – aggiunge il sostituto procuratore – e trascorre qui in solo alcuni giorni. Per chi indaga diventa un lavoro improbo rintracciare le vittime una volta che sono ripartite per acquisirne la denuncia”. Per l’ex numero uno dell’associazione magistrati in questo modo rischiano sostanzialmente di “restare impuniti una galassia di reati ai danni di semplici cittadini e si assisterà, tra qualche settimana, a scarcerazioni di delinquenti che abitualmente mettono in atto condotte illecite di questo tipo”.
Sulla posizione di Albamonte anche altri magistrati come ad esempio il procuratore generale di Napoli, Luigi Riello per il quale siamo in presenza di una sorta di “depenalizzazione camuffata: non vorrei che si diffondesse la convinzione che l’unico modo per fare i processi sia quello di non farli, se per vedere staccati gli assegni del Pnrr dobbiamo buttare a mare i processi, io non ci sto”. Il rischio è legato ai fascicoli di indagine già aperti: entro 90 giorni dovranno, infatti, essere ricontattate le vittime dei reati diventati perseguibili a querela, perché in mancanza tutto rischia di finire in archiviazione. Non tutti però vedono nero.
Per il capo dei pm di Bologna, Giuseppe Amato, il “tema è inesistente”. “E’ una polemica di lana caprina – taglia corto – perché i benefici introdotti dalla riforma Cartabia, ampliando la platea dei reati procedibili a querela, sono sicuramente maggiori. Se un turista viene borseggiato e denuncia l’episodio, l’operatore di polizia sa che ora dovrà subito spiegare che è procedibile a querela, che comunque è quasi sempre contestuale. Per quanto riguarda i fascicoli già aperti invece, gli uffici giudiziari dovranno ricontattare le persone offese solo se è pendente una misura cautelare”. Dal canto suo il presidente facente funzioni del Tribunale di Milano, Fabio Roia, sostiene la necessità di “risorse e numero di operatori adeguati”.