PALERMO – C’è anche un’inchiesta della Procura dei minorenni di Palermo nei confronti di altri due indagati, all’epoca ancora non maggiorenni, sulla diciassettenne Alice Schembri morta suicida, il 18 maggio del 2017, perché costretta, due anni prima, a fare sesso di gruppo e a filmare le scene.
Due inchieste
Ai quattro le due Procure di Palermo, quella distrettuale su due 27enni, e quella per i minorenni, oltre alla violenza sessuale di gruppo ai danni di una minorenne contestano anche la produzione di materiale pedopornografico. Ed è quest’ultima ipotesi di reato che ha fatto scattare la competenza a Palermo, che ha ricevuto gli atti da Agrigento.
Il tragico gesto
Con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari i difensori dei due indagati maggiorenni, gli avvocati Daniela Posante e Antonio Provenzani, avranno venti giorni di tempo per prendere visione di tutti gli atti, produrre memorie, atti difensivi o sollecitare ulteriori atti di indagine. Il corpo della ragazzina venne trovato alla Rupe Atenea di Agrigento da dove si era lanciata nel vuoto.
“Un segreto che mi sta divorando…”
Un suicidio annunciato in uno straziante post pubblicato su Facebook. “Nessuno di voi – scrisse su Facebook la ragazza- sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere da un periodo a questa parte. Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando. Non sono una persona che molla, una persona debole, io sono prepotente, voglio cadere sempre in piedi e voglio sempre averla vinta, ma questa volta non posso lottare, perché non potrò averla vinta mai, come però non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così…”. La squadra mobile, indagando sulla tragedia, è risalita ad alcuni video con scene della violenza in cui figuravano quattro ragazzi, di cui due all’epoca minorenni. I quattro giovanissimi avrebbero abusato delle condizioni d’inferiorità fisica e psichica della 17enne “legate al consumo di sostanze alcoliche”. Alla ragazza sarebbe stato intimato di restare immobile. I 4 non si sarebbero fermati neppure davanti al suo espresso rifiuto avendo la ragazza, sostiene l’accusa, pronunciato frasi dal contenuto inequivocabile. “Non voglio”, “non posso”, “mi uccido”, “no, ti prego.. mi sento male”.