Tra cocaina e furti d'auto: il ruolo del "mediatore" Ferrera

Tra cocaina e furti d’auto: il ruolo del “mediatore” Ferrera

Le intercettazioni e la ricostruzione degli investigatori nell'operazione che ha portato all'arresto di 68 persone.

CATANIA. Nel corso della conferenza stampa di ieri mattina, convocata dal Comando provinciale dei carabinieri con in testa il Comandante Rino Coppola, il ruolo del 44enne Massimo Ferrera – arrestato nel blitz “Carback” – non è passato inosservato. “Una sorta di mediatore”, lo hanno etichettato gli investigatori: in riferimento ai suoi interventi per mettere in pratica i cosiddetti cavalli di ritorno.
Ferrera non è nuovo a retate legate ai furti e smantellamenti d’auto. Ma, in questo caso, è riuscito a svolgere un ruolo certamente più centrale e, contemporaneamente, ben più remunerativo.
Lo spiegano bene le carte dell’ordinanza messe assieme dalla Gip Anna Maria Cristaldi: Ferrera supportava il lavoro di Salvatore Giuffrida nello spaccio e gestione del traffico di droga sul territorio di Librino. Un aiuto che si traduceva nel confezionamento della cocaina. E nell’essere, assieme a Santo Fichera, tesoriere di quella stessa piazza. Un uomo fidato, insomma.

Il business

E’ (anche) grazie ai continui colloqui tra Ferrera e Giuffrida che le indagini riescono a ricostruire pezzo dopo pezzo il puzzle di un’attività criminale che proseguiva sul doppio binario dei furti d’auto (e delle relative estorsioni) e dello spaccio di droga: attività illecite che non potrebbero essere così distanti se non fossero accomunate da un business di assoluto rispetto.
La taglia sulla restituzione delle auto, come abbiamo già avuto modo di scrivere, variava dai 300 ai 1500 euro. Sul fronte delle piazze di smercio, invece, uno come Giuffrida riusciva a racimolare anche fino a mille euro al giorno. 

Gli attriti con Condorelli

Ma c’è un momento, sul finire del 2020 che la figura di Ferrera viene vista con scetticismo. All’interno di quell’autonoleggio a San Giorgio che è il centro nevralgico di tutte le operazioni, uno dei soggetti chiave dell’inchiesta Gaetano Condorelli (autentico gestore dell’attività) assieme a Gabriele Pappalardo “valutavano la personalità di Ferrera, ritenendolo non idoneo a condurre una piazza di spaccio. Inoltre, Condorelli sosteneva di sentirsi tradito, in quanto aveva fondati motivi di ritenere che Ferrera, nel confezionare le dosi di stupefacente, rubasse sul peso a proprio vantaggio”.
Ed ancora, “Condorelli raccontava che la piazza da loro avviata aveva un giro d’affari che arrivava anche a 1000 euro al giorno, con un utile netto stimato in circa 900 euro settimanali. Nonostante ciò, Ferrera si lamentava perchè quando andava a rubare le autovetture riusciva a guadagnare anche 2500 euro a settimana. La persona su cui Condorelli riponeva la massima fiducia, definendola “un mostro”, era quella indicata come “il vecchio” – ossia Salvatore Nicola Grasso -”.

Una concorrenza intollerabile

Un risentimento, quello di Condorelli che è ben spiegato in una conversazione che lo stesso intrattiene con Giuffrida. Il gestore dell’autonoleggio “aveva raccontato un fatto accaduto precedentemente, di cui Ferrera era stato protagonista. In particolare, raccontava di essersi recato a casa di tale Andrea in compagnia di Ferrera, per comunicargli la notizia dell’apertura della nuova piazza di spaccio presso l’abitazione di Ferrera. Condorelli aveva definito Ferrera una persona “cervellotica” e ciò non era stato gradito da quest’ultimo, tanto da generare un risentimento che, successivamente, avrebbe portato allo scioglimento della loro società.
Condorelli aggiungeva che, nella stessa circostanza, aveva avvertito Ferrera che non gli sarebbe stato in alcun modo concesso di proseguire l’attività illecita per conto proprio, altrimenti avrebbe patito serie conseguenze. In tal modo Condorelli aveva chiarito che non avrebbe tollerato alcun tipo concorrenza nella zona”.


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