Il sogno di una notte di Festino è il luogo sudato e immateriale in cui si può chiedere, con la speranza di ricevere pace e misericordia. Si può perché la Santuzza, che già una volta ci liberò dalla peste, in un rimpiattino di sogni, paura e realtà, nel pieno dell’estate, la immaginiamo chinarsi, oggi come ieri, sui nostri affanni. Per scacciare la pestilenza che ci affligge, come singoli e come moltitudine. Una calca di desideri sovrapposti si precipiterà, stasera, a lambire il Carro trionfale. Nella certezza di sfiorare, ognuno, un lembo dalla propria salvezza.
Il campo da gioco del Foro Italico, culmine del corteo, in questo giovedì di vigilia, offre un brulichio di gente indaffarata, nonostante la calura gravida di ustioni possibili del dopo pranzo. Ci si muove, da uno spiazzo assolato all’altra, per mettere su le ultime bancarelle. Scusa, Ignazio, tu cosa chiederesti alla Santuzza? Ignazio (nella foto), schermato dalle prelibatezze della sua bancarella, ci pensa un po’, infine spalanca un candido sorriso nella barba nera.
“Chiederei alla Santuzza di darci sempre una vita bella. Perché la vita, nonostante tutto, resta sempre bellissima”. Una stretta di mano da fratelli in Santa Rosalia è il commiato. Più in là il consueto ‘stadio pienissimo’, con calia e semenza assiepate sulle gradinate al posto degli spettatori, attira la curiosità di due turiste che mormorano: “Wonderfull”. L’eco di rimando, come una parola d’ordine, è uno squillante: “Rusulia!”. Ma, nella diversità degli idiomi, ci si capisce. Più in là, altri titolari di bancarelle sintetizzano: “La peste di Palermo? Picca travagghiu e munnizza assaissima”. Lapidario.
E poi ci sono le voci fuoricampo, che abbiamo cercato e ascoltato, di palermitani che, per vari motivi, sono al centro della cronaca della città. “La peste è la droga, la peste è il crack – dice Francesco Zavatteri, papà di Giulio, stroncato da una overdose -. Ecco cosa domanderei alla Santuzza: liberaci dalla droga. E speriamo che i giovani non muoiano più, che non cadano più come mosche, a causa dello spaccio”.
Il preside Domenico Di Fatta si è caricato sulle spalle le sorti della scuola ‘Falcone’, allo Zen 2, dopo la nota vicenda giudiziaria della preside Daniela Lo Verde. “La peste – dice il preside – secondo me è il modo di fare incivile di certi palermitani. Ecco, la Santuzza dovrebbe aggiustare la loro testa e staremmo tutti meglio”.
“Non mi piace la sciatteria, non mi piace l’arroganza. Palermo, alle volte, è così: arrogante e sciatta – incalza Elisa Parrinello, artista, figlia d’arte, in scena ieri con il celebre ‘Trionfo’ di Vito Parrinello e Rosa Mistretta -. Qui si sminuisce il senso delle cose belle. Vorrei più passione e più amore”.
Don Pino Vitrano ha indossato il saio verde, per onorare la memoria di suo ‘fratello’, Biagio Conte, che è sempre nel cuore di tutti. E lui che sostiene, adesso, il peso della Missione. “La peste di Palermo? Purtroppo, c’è l’imbarazzo della scelta – dice don Pino -. La città ha il cuore sano, ma molte zone sono malate. Dobbiamo avere il coraggio di risolvere i mali alla radice, perché passare la pomatina è inutile e seve a poco. Ci vuole l’unione nel bene, per mettere al centro la persona umana con tutte le sue necessità”.
Ma questo è già il sogno di una notte di Festino. Ci sarà la Santuzza, invocata da migliaia di voci. Ci saranno i fuochi, con l’orizzonte dei loro giochi di luce. E, almeno per una notte, la peste svanirà. (rp)