Genitori contro il crack, ma Palermo non c'è. Lorefice: "Restiamo uniti"

Genitori contro il crack, ma Palermo non c’è. Lorefice: “Restiamo uniti”

La manifestazione contro il crack. Ma la città diserta
IL CORTEO E LE ASSENZE
di
3 min di lettura

PALERMO- Ci sono i genitori che hanno perso un figlio e ripercorrono gli stessi passi delle ragazze e dei ragazzi che, a Ballarò, si sono smarriti e non sono più tornati, nell’abisso di una piazza di spaccio, nella tagliola del crack. C’è Francesco Zavatteri che ha detto addio a Giulio e lotta contro l’indifferenza. Ci sono Antonio Mancuso e Lara Messina che hanno detto addio a Diego e sperimentano, come succede a chi è incappato nello strappo che non si richiude, la solitudine del dolore, nonostante l’affetto da cui sono circondati.

Palermo non c’è

Ma Palermo non c’è. Palermo ha disertato il corteo ‘La Sicilia ha fatto crack’, organizzato per chiedere l’approvazione del disegno di legge “Dalla dipendenza all’interdipendenza”. I partecipanti sono troppo pochi. No, Palermo non c’è. Il dottore Zavatteri, che è un farmacista, commenta: “La gente si muove più volentieri per l’aperitivo”. E posta una frase sconsolata sul suo profilo Facebook: “Che vi siete persi… Ecco perchè a Palermo non cambierà mai nulla!”. Non ci sono nemmeno le associazioni che, abitualmente, partecipano. Ci sono madri e padri per i figli. Ma Palermo latita, nel suo impegno e nel suo affetto. Palermo non c’è.

Il dolore dei genitori

Lara e Antonio, papà e mamma di Diego, offrono la loro testimonianza: “Siamo qui per sostenere il progetto, se si dovessero realizzare questi che, all’inizio, sembravano sogni, la realtà migliorerebbe – dicono -. Ci siamo, con il nostro dolore, con la nostra tristezza, con il nostro impegno”. Ci sono quelli che combattono da anni. C’è Nino Rocca, con la sua esistenza spesa per i più deboli. C’è il preside Domenico Di Fatta. Ci sono persone sofferenti e qualcuno che appare segnato da esperienze durissime. C’è chi racconta le sue ferite, la sua dipendenza e come è risalito.

Antonio e Lara, il papà e la mamma di Diego

L’arrivo dell’arcivescovo

Il corteo, partito da piazza Casa Professa, ha come meta Palazzo dei Normanni, l’Ars. In mezzo, le stazioni di una Via Crucis di speranza e memoria. Gli interventi al microfono si susseguono. Non tutti sono calibratissimi, ma tutti esprimono la necessità dello sfogo e della partecipazione. In corso Vittorio Emanuele la piccola comunità è attesa dall’arcivescovo Lorefice, da Don Corrado – il nome semplice con cui si lascia chiamareche, nonostante gli impegni per la celebrazione dell’ottavo anniversario del suo episcopato, non vuole mancare.

“Dobbiamo restare uniti”

Un abbraccio con i genitori. Con Francesco, con Lara, con Antonio. E parole che lasciano il segno, come sempre. Che prendono il via dal ricordo delle vittime e vanno oltre. “Dobbiamo restare insieme, uniti, senza etichette, infrangiamo le barriere mentali – dice l’arcivescovo -. Dobbiamo fare in modo che ogni giovane possa vivere in pienezza di libertà. Il crack è la volontà di qualcuno di dominare, di schiavizzare, di non lasciarci liberi. Ci sono giovani che soffrono sotto questo tremendo potere. Noi diciamo che vogliamo esserci e che devono esserci le istituzioni”. Palermo non c’è, ma ci sono il lutto e la fede. Giulio, Diego, Noemi: l’elenco delle vittime comincia da qui e procede, tra passato e futuro. Palermo non c’è. Ma c’è Francesco che regge lo striscione come una bandiera da non ammainare. Ma ci sono Lara e Antonio che si stringono, l’uno tra le braccia dell’altra, ai bordi della strada


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI